Sistema Porcino e i farmaci sottratti, le infermiere: «Si doveva fare così»
Testimoni negli ultimi rivoli del processo sull'ex direttore del carcere, hanno spiegato le modalità e sottolineato: «In azienda sapevano»
Sono passati due anni dalla condanna di Antonio Porcino, ex direttore del carcere di Bergamo. Nei suoi trent'anni a capo della struttura, non tutto è stato fatto in linea con la legge tanto che nel 2018, quando è emerso quello che è stato chiamato poi "sistema Porcino", i capi di imputazione su di lui erano venti (poi è stato condannato a più di cinque anni per 14 di questi).
Gli altri imputati
Come riportato dal Corriere Bergamo, ora, stanno arrivando a conclusione anche le ultime sedute in tribunale. In particolare, ieri è stata chiamata a testimoniare la responsabile dell'infermeria del carcere dal 2014 al 2017, che per sé ha già patteggiato e risarcito il Papa Giovanni per i farmaci prelevati per l'allora direttore Porcino (condannato a 5 anni e 4 mesi definitivi) nel processo in cui sono imputati l'ex dirigente sanitario Francesco Bertè, il medico Pietro Zoncheddu e l'ex capo della polizia penitenziaria Antonio Ricciardelli. L'ospedale - cui fa capo la parte sanitaria di via Gleno - è parte civile.
Bertè è imputato di peculato per aver disposto l'ordine dei medicinali, anche fuori prontuario, ma i suoi avvocati Rocco Lombardo e Paolo Botteon hanno insistito sulla soggezione di tutti a Porcino.
Come venivano prelevati
L'infermiera ha spiegato quale era il sistema utilizzato per prelevare questi farmaci (aspirine, creme, colliri). Li inseriva «con un programma, come fare una lista della spesa». Per le ricette, Bertè e gli altri medici avevano i timbri che «mettevano nel cassetto, in tasca, non so dove».
Inoltre, l'infermiera ha testimoniato anche sulle modalità usate dal direttore: «Pizzicotti e lividi sulle braccia. Quando chiamava bisognava scattare».
«Si faceva così»
Gotti non è l'unica infermiera a testimoniare. Un'altra ha infatti raccontato di essere andata in casa di Porcino una mattina per fargli un prelievo del sangue e consegnare la provetta al fattorino del carcere insieme a quelle dei detenuti. Sui farmaci prelevati, ha spiegato che venivano consegnati al direttore ogni volta che li chiedeva e la cosa, stando alle testimonianze, sarebbe stata ben nota: In una riunione al Papa Giovanni emerse una domanda: "dobbiamo dare i farmaci a Porcino?". Venne detto: "Per ora continuate così"».
L'azienda sapeva?
Che fosse prassi lo hanno confermato altre due infermiere testimoni che hanno spiegato: «Si doveva fare così. Ho chiesto alle mie coordinatrici se era legale, mi hanno detto che in azienda sapevano».
Trent'anni a capo di una struttura di ciechi, sordi, muti asserviti a un personaggio che a leggere le cronache dell'epoca sembra tutto fuorché un luogo di riabilitazione, ma forse la riabilitazione spetterebbe.. ai funzionari e a chi ha coperto malversazioni e sopprusi....
Importante sarebbe che sconti la pena interamente in carcere .Ma siamo in Italia.... sicuramente uscirà prima... peccato
Un cattivo esempio di gestione, praticata da funzionario della pubblica amministrazione, resosi protagonista di comportamenti rivedibili. Auspico che la Corte dei Conti apra a suo carico un fascicolo di indagine. Il danno erariale che ne verrebbe fuori, sarebbe la giusta ricompensa a quanto combinato.