Giulia Bolandrina, 19enne di Alzano, ha salvato un uomo: «In lui ho rivisto mio papà»
Durante la partita di volley, il coach avversario ha avuto un malore. La giovane ha praticato il massaggio cardiaco e ha usato il defibrillatore

di Elena Conti
Giulia Bolandrina non è una ragazza come tante altre. Ha 19 anni, vive ad Alzano, gioca a pallavolo all’Alzano Sport e frequenta Scienze infermieristiche all’Humanitas Gavazzeni da poche settimane. Ha seguito un corso con la Croce Rossa e, appena maggiorenne, è partita per l’Africa come volontaria, dove ha salvato vite.
Giovedì 24 ottobre ne ha salvata un’altra. Ha praticato il massaggio cardiaco e ha utilizzato il defibrillatore sul coach della squadra avversaria, che ha avuto un malore durante la prima partita di campionato a Pedrengo. È vivo grazie a lei.

«Stavamo giocando - racconta - e non mi ero accorta di cosa fosse successo. L’ho visto a terra e ho cercato di capire se qualcuno stesse intervenendo, ma tutti erano pietrificati dalla paura. Ho agito d’istinto: sono corsa da lui e ho iniziato il massaggio cardiaco. Nel frattempo, qualcuno ha chiamato l’ambulanza e il barista ha portato il defibrillatore. Alla prima scossa, il coach ha ripreso conoscenza. Ho parlato con lui fino all’arrivo dei soccorsi».
«Ho rivisto il mio papà in lui, perché era un padre di famiglia, con una figlia della mia età. Non mi sento un’eroina, piuttosto sono sconvolta dal fatto che nessuno sapeva cosa fare: queste manovre dovrebbero essere insegnate in tutte le scuole. È altrettanto importante ritrovare il senso civico, sviluppare una coscienza collettiva che dà valore alla vita umana e che non teme di agire quando qualcuno si trova in pericolo. Molti temono l’uso del defibrillatore per possibili denunce successive, ma la vita conta molto di più!».
Giulia ci confida che ha avuto un’infanzia travagliata e che molti suoi affetti sono mancati. Il desiderio di diventare infermiera e volontaria della Croce Rossa nasce proprio da qui. «Voglio sentirmi utile, voglio donare qualcosa agli altri. Più che una vocazione, è una rivincita». (...)