Il suicidio del pediatra di Genova e che cosa ha detto il magistrato

È stato scarcerato ieri, «ma a che prezzo?», si chiede Marco Menetto, libero il giorno dopo il suicidio del padre Francesco, che si è gettato domenica notte dal ponte Monumentale di Genova. A spingere al gesto l’uomo, pediatra ligure, l’inchiesta della procura di Monza sul figlio, farmacista coinvolto in un presunto traffico di farmaci antitumorali. Vista la gravità della situazione famigliare, al figlio sono stati tolti gli arresti domiciliari, ma la libertà riacquistata momentaneamente non basta per colmare il dolore per il padre perso, morto in un gesto dove avrebbe dovuto esserci pure la moglie, fermata all’ultimo dagli agenti che l’hanno trovata in stato confusionale. E due giorni dopo, continuano a far riflettere le parole scritte da Francesco su un biglietto: «La magistratura miope a volte uccide».
La vicenda. Marco Menetto e la moglie Valentina Drago erano agli arresti domiciliari dallo scorso aprile su mandato della Procura di Monza, per un’inchiesta sul traffico illecito di medicinali: avrebbero importato in Italia prodotti non autorizzati nel nostro Paese. Per i legali era un’inchiesta che si sarebbe ridimensionata in fretta. Per i genitori del farmacista, invece, il coinvolgimento di Marco era diventata una vergogna: «Questa vicenda ha pesato sull’onore della nostra famiglia», spiega oggi il figlio, «Ognuno di noi ha una sensibilità diversa, c’è chi rimane razionale e chi no, chi reagisce drammaticamente. Sono problematiche che hanno bisogno di uno psichiatra». A pesare sull’umore dei due genitori c’era anche il suicidio dell’altra figlia, morta nel 2013 in Spagna. Così, domenica, dopo aver cenato proprio con il figlio e la nuora, Francesco e la moglie, hanno girato a lungo per la città in auto, prima di parcheggiare e salire sul muraglione per suicidarsi.
Si difende il procuratore capo. «Dispiace, dispiace… Però sono cose sempre accadute. Ci ricordiamo Mani Pulite e i suicidi eccellenti?», è stato il commento rilasciato al Secolo XIX da Corrado Carnevali, il procuratore capo di Monza. Non cede un centimetro rispetto alla dichiarazione schietta rilasciata ieri non appena era stato scoperto il suicidio, e per la quale il viceministro della Giustizia Enrico Costa aveva dichiarato: «Di fronte a questo tragico gesto, che mi ha profondamente turbato, spero che le parole riportate come pronunciate dal procuratore non siano state riportate in modo corretto, perché diversamente sarebbero parole fuori luogo».
«Impeccabile il lavoro dei Nas». «Mi dispiace per quello che è accaduto, ma ci dobbiamo mettere d’accordo», entra nel dettaglio Carnevali. «Vogliamo dei giudici che facciano il loro mestiere, che provino a fare un po’ di pulizia in questo Paese? O invece liberi tutti, che ognuno faccia quello che vuole perché se viene scoperto o lui o qualche suo caro potrebbe compiere qualche gesto sciagurato?». Parole fredde e dirette, anche per difendere il lavoro svolto dai Nas, a sua detta impeccabile e tutt’altro che miope. «Ormai è diventato l'alibi di tutti coloro che hanno qualche altarino, attaccare i magistrati. Il copione è sempre lo stesso: atteggiarsi a vittime della malagiustizia e qualcuno ci crede sempre».
La scarcerazione della moglie. Carnevali è rimasto sorpreso per quanto detto dal viceministro Costa, e ha aggiunto: «Queste cose, purtroppo, succedono quando ci sono tanti soldi in ballo. Quando arriviamo noi e blocchiamo il denaro proveniente da attività illecite, chi non può più fare la vita di prima ci attacca». Nel frattempo qualche giorno fa era arrivata la scarcerazione per la moglie di Marco: secondo gli avvocati erano inconsistenti gli elementi di colpevolezza per giustificare la misura cautelare. Oggi, per tutt’altre ragioni, è stato scarcerato il farmacista: «Non voglio dare la colpa alla magistratura», ribadisce Marco Menetto, «ma la vicenda è emblematica di come certi provvedimenti dovrebbero essere soppesati, perché colpiscono le persone incensurate che non hanno mai avuto a che fare con la giustizia».