L'Italia (e anche Bergamo)sprofonda nella depressione
Giovedì 10 luglio l’Istat ha presentato il nuovo rapporto relativo alla “Tutela della salute e accesso alle cure” in cui si fa il punto sullo stato di salute degli italiani. Purtroppo, il quadro che ne esce non è dei più rosei: siamo una popolazione abbattuta, stanca e depressa. Proprio la depressione è la malattia mentale con cui l’Istat ha fotografato la situazione nostrana: il numero di italiani che soffrono di depressione è arrivato a quota 2,6 milioni, ovvero il 4,4 percento della popolazione. Rispetto ai dati del 2005, l’indice di salute emotiva delle persone nel 2013 è calato di 1,6 punti percentuali. Sono soprattutto i giovani fino ai 34 anni a stare peggio, con un calo del 2,7 percento nell’indice di salute emotiva, e le persone di età compresa tra i 45 ed i 54 anni d’età (calo del 2,6 percento). Gli stranieri presenti sul territorio italiano non stanno certo meglio, soprattutto se donne, con un calo dell’indice in questione di 5,4 punti percentuali.
Tutta colpa della crisi.
Il motivo di questo abbattimento generale, secondo i ricercatori, è dovuto soprattutto alla crisi che attanaglia gli italiani oramai da sette anni e non è un caso che, secondo gli ultimi dati raccolti dal Censis, nell’ultimo decennio, ben 2,3 milioni di posti di lavoro. L’Istat conferma l’analisi, precisando che, rispetto al 2005, è quasi raddoppiato il numero di soggetti che tra i problemi quotidiani da affrontare conta anche la perdita del posto di lavoro: si è passati dal 4,3 percento di nove anni fa al 7,4 percento del 2013. Si tocca addirittura l’11,7 percento tra coloro che hanno risorse economiche scarse o insufficienti. Il nesso tra crisi e condizione di salute non è cosa nuova, tanto che anche l’associazione Save the Children, nel rapporto presentato a dicembre 2013 e riguardante la situazione sanitaria dei bambini nel mondo, sottolineava come la crisi pesasse molto sulla condizione psico-fisica dei genitori e dunque, di riflesso, anche sulle condizioni di vita dei più piccoli.
Crying
Più depressi anche a Bergamo.
Nel 2009, l’Osservatorio Nazionale Salute Donna, rese noti i dati raccolti con la cooperazione del Progetto Itaca e riguardanti proprio lo stato mentale di parte della popolazione italiana. Allora era Milano a spiccare per il numero di casi di depressione rilevati (circa 85 mila). Oggi la situazione è invece decisamente più omogenea ed anche a Bergamo sono molto aumentati i numeri relativi ai casi di depressione riscontrati dal sistema sanitario. Negli ambulatori cittadini e della bergamasca, negli ultimi mesi, sono cresciute le richieste di aiuto psicologico. Non è un caso che la depressione venga ritenuta la “malattia del secolo”: il benessere a cui hanno abituato la popolazione il boom economico post-bellico e l’avanzamento dell’innovazione hanno portato anche le persone ad una sopportazione inferiore delle difficoltà, come ha spiegato Michele Cucchi del Centro Medico Santagonisto di Milano, che ha poi aggiunto che l’aumento rilevato potrebbe essere anche legato al fatto che oggi è stato sfatato il tabù delle malattie mentali, una volta ritenute sinonimo solamente di pazzia e dunque, spesse volte, nascoste.
Le difficoltà delle cure.
Bisogna stare attenti a non scambiare per depressione, vera e propria malattia mentale, un semplice stato di abbattimento morale del momento. Anche perché la depressione è, ancora oggi, una malattia molto difficile da curare. I farmaci antidepressivi possono aiutare, ma non portano ad effetti guaritivi miracolosi. Affiancare al consumo di questi particolari farmaci anche il costante supporto di uno psicoterapeuta è certamente la cosa migliore da fare, anche per tenere costantemente monitorata la condizione del paziente. Ci sono poi le ricerche che proseguono, ma che talvolta offrono risultati di dubbia validità: un recente studio della Medical University of South Carolina avrebbe provato che uno stato di insonnia provoca il miglioramento delle condizioni fisiche e mentali dei depressi. Nonostante i ricercatori abbiano precisato che si tratta solamente di un primo risultato, parziale e non risolutivo, sono molte le critiche arrivate dalla comunità medica che accusa di creare false aspettative in persone che hanno, invece, soprattutto necessità di supporto umano e morale.