Expo alla scoperta di Bergamo La via del legno: tarsie, boschi e...
Paradossalmente, un evento internazionale come Expo, per il quale persone da tutto il mondo si recano nella città di Milano utilizzando mezzi di trasporto e tecnologie sempre più avanzate, può essere utile ed anzi necessario a noi cittadini lombardi per riscoprire la lentezza, per muoverci a passo d’uomo nelle pieghe del nostro territorio, per renderci conto che non c’è bisogno di un volo transoceanico per trovare paradisi naturali o tesori di straordinaria bellezza. Expo ci aiuta a riflettere su noi stessi, sulla realtà naturale e culturale che ci circonda; i turisti in cerca di luoghi pittoreschi da immortalare ci aprono gli occhi su quanto fascino e ricchezza ci sia nelle nostre terre.
In questo contesto, l’iniziativa Le Vie dell’Expo si rivela quanto mai necessaria: senza una strutturazione ordinata e una serie di itinerari ben definiti, l’esplorazione di un territorio è sempre complessa, sia per chi ci vive sia soprattutto per chi arriva da Hong Kong, Los Angeles, Johannesburg e non sa nulla di ciò che lo circonda in quel momento. Basta dare un’occhiata alla cartina che mostra la disposizione geografica dei vari luoghi da visitare, per rendersi conto della vastità dell’offerta turistica.
Tuttavia, la Provincia di Bergamo ha pensato ad un’organizzazione ben più accattivante e fruibile. Gli itinerari sono stati concepiti in relazione a diversi elementi naturali, oppure concetti importanti. Si sono tracciati quindi sette percorsi: la via del legno, la via del sole, quella del verde, della pietra, dell’acqua, dello spirito e infine quella dei sapori, che si ricongiunge al tema del cibo che anima Expo. Qui parleremo della via del legno, per tappe.
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Questo primo itinerario evidenzia fin da subito un interessante intreccio tra natura, arte e industria: le mete suggerite infatti spaziano da esempi di industriosità lombarda a luoghi in cui il legno viene riplasmato in opere d’arte. Perfetto esempio del primo ambito è il Museo del Falegname Tino Sana, ad Almenno San Bartolomeo; un simile luogo ci mostra la preziosa materia prima nel suo uso più pragmatico e ci dà una spiegazione esaustiva delle varie tecniche e dei vari strumenti necessari alla sua lavorazione.
Ancor più significativo ed emblematico di una cultura antica che lascia il segno nel territorio è poi il torchio ligneo del castello visconteo a Pagazzano. Le origini della fortificazione risalgono addirittura al VI secolo, mentre il maestoso torchio in legno è del 1736.
Tracce di un’arte meno antica ma comunque pregiata si trovano a Treviglio e a Gera d’Adda: la famiglia Aresi porta avanti la tradizione, le tecniche del padre Mario sono state tramandate al figlio Davide. E poi i Marconi, i Gorghelli, i Mascaro e Merisi.
Numerosissimi sono i musei d’arte e i luoghi di pregio legati a questa materia prima: dal museo di San Lorenzo Martire a Zogno, alle sagrestie della basilica di San Martino ad Alzano Lombardo. Per quest’ultime, risalenti al tardo Seicento, è consigliata una visita guidata su prenotazione.
Casa Museo Fantoni, Rovetta.
Il Museo del Falegname Tino Sana, Alzano Lombardo
Museo della basilica di Gandino.
Riserva Boschi del Giovetto di Palline, Azzone.
Torchio, Castello di Pagazzano
Le sagrestie della Basilica di San Martino, Alzano Lombardo
Le realizzazioni della famiglia Aresi
Particolare della tarsia lignea su disegno di Lorenzo Lotto, da l'Impresa della "Sommersione del Faraone" - Uomo a dorso dell'asino cillenico; coro della Basilica di Santa Maria Maggiore, Bergamo.
Il Museo della Basilica di Gandino fu inaugurato nel 1929, da un’idea di Mons. Giovanni Bonzi, con gli auspici dell’allora Mons. Angelo Roncalli, frequentatore del paese.
Bergamo città vanta poi diversi elementi di pregio, sempre legati al contesto sacro: su tutti il coro di fra Damiano Zambelli (1480 – 1549) nella chiesa di San Bartolomeo e il coro e le tarsie di Lorenzo Lotto (1480 – 1556/7) nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
A Rovetta, la bellezza artistica si intreccia alla storia familiare dei Fantoni: gli artisti di famiglia operarono addirittura per quattro secoli, tra il Quattrocento e l’Ottocento, lasciando in eredità una produzione vastissima di realizzazioni sacre e profane, diffuse poi sul territorio bergamasco e bresciano. La bottega di famiglia a Rovetta conserva i disegni preparatori e i modellini in legno di quelle che poi sarebbero diventate le opere vere e proprie. Inoltre questi oggetti antichi sono presentati nel contesto originale della bottega al fine di mantenere vivo il rapporto tra i manufatti e il contesto in cui furono creati.
Per finire, dopo un bell’itinerario culturale ed artistico, ci si può dedicare alla natura visitando la Riserva Boschi del Giovetto di Palline, ad Azzone. Nei suoi 675 ettari, la riserva gode della vegetazione di boschi e cespuglieti, che lasciano di tanto in tanto spazio a praterie, create appositamente per il pascolo oppure spontanee ed incolte, situate nelle zone più ripide verso la sorgente Cerovine. La popolazione faunistica più caratteristica della riserva è quella della formica, ed in particolare la formica rufa, che si distingue dalle altre per un sistema di caste ben differenziato. Questa organizzazione porta alla costruzione di meravigliosi formicai a cupola.
Le Vie dell’Expo non terminano certamente qui: presto dedicheremo un articolo al secondo itinerario, la via del sole.