«irascibile e violento»

Morì per le conseguenze di un sedativo somministrato ad Alzano: «Volevamo sposarci»

A processo ci sono il medico e la psichiatra che avevano in cura Jason Mensah Brown, che poi ebbe un arresto cardiaco, finì in coma e morì. Le testimonianze e il racconto della compagna

Morì per le conseguenze di un sedativo somministrato ad Alzano: «Volevamo sposarci»
Pubblicato:
Aggiornato:

Sono stati ascoltati ieri, giovedì 6 febbraio, i testimoni di quanto successo la sera del 19 luglio 2019, quando, all'ospedale di Alzano Lombardo, vennero somministrati per via endovenosa cinque milligrammi di Midazolam a Jason Mensah Brown che poi ebbe un arresto cardiaco, finì in coma e morì, a 24 anni, il 13 febbraio 2020.

La psichiatra e il medico

Per questa vicenda gli imputati sono la psichiatra e il medico che presero in cura il giovane, arrivato in ospedale alterato, e che decisero di somministrargli il farmaco. Difesi dall'avvocato Marco Zambelli, rispondono di omicidio colposo. La domanda chiave è se fosse necessario contenere fino a quel punto il giovane, già bloccato dalla polizia e dai carabinieri intervenuti, somministrandogli il farmaco, collegato probabilmente all'arresto cardiaco immediatamente successivo.

«Volevamo sposarci»

Il Corriere Bergamo riporta il racconto della compagna, che ha spiegato come quel giorno l'avesse accompagnato a Ranica per un appuntamento di lavoro. Lui però era sceso prima, perché infastidito dal traffico. Lei poi non lo ha più rivisto, se non intubato. Lui barbiere, lei tatuatrice, avevano in progetto di aprire un'attività insieme e di sposarsi. «Era stressato per i documenti della cittadinanza», ha aggiunto la compagna, che ha sottolineato anche:  «Non voglio che passi per matto».

Contesto difficile

La situazione del giovane, nato in Italia da genitori del Ghana, non era certo facile. Il padre era morto nel 2013, la madre nel 2003, come ricordato dal fratello in lacrime. Aveva anche un figlio, non con l'attuale compagna. Il bambino ora ha nove anni. «Voglio solo sapere perché mio fratello è finito così», ha detto in relazione a come lo ha visto in terapia intensiva.

Irascibile e troppo forte

Secondo quanto riportato dal commissario della polizia locale Giansandro Caldara, ora in pensione: «La compagna disse che il fidanzato non mangiava e non dormiva da sette giorni, fumava cannabis, era irascibile». Ha anche aggiunto che inizialmente avevano cercato di calmarlo a parole, ma lui era aggressivo nei confronti della dottoressa. La decisione di sedarlo è arrivata in seguito della mancanza di un lettino di contenimento che era stato richiesto e a fronte del fatto che il giovane era particolarmente forte.

Ha parlato poi l'anestesista Martino Gelmi (archiviato) chiamato d'urgenza quando la situazione era precipitata: «Era un ragazzo di 20 anni, ho pensato solo a rianimarlo, è stato complicato. Mi avevano detto che fino a un minuto prima aveva polso».

Commenti
Lascia il tuo pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici sui nostri canali