L'intervista

Moioli e l'oro ai Mondiali: «Chiuso un cerchio. L’argento non mi sarebbe bastato»

Parla la fuoriclasse di Alzano, che con il titolo iridato conquistato a St. Moritz ha completato la bacheca di una carriera incredibile

Moioli e l'oro ai Mondiali: «Chiuso un cerchio. L’argento non mi sarebbe bastato»
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L’italiana più vincente nella storia dello snowboard cross aveva un’ultima “lacuna” nella sua bacheca: il titolo mondiale. Michela Moioli ha sfatato il tabù vincendo per questione di centimetri a St. Moritz, con una condotta al limite della perfezione.

Con una sola freccia a disposizione nel proprio arco, da vera fuoriclasse ha centrato il bersaglio grosso, in un’annata complicatissima sotto molteplici aspetti. Eppure il suo “qui e ora” si è compiuto in Engadina, bruciando sul traguardo la britannica Charlotte Bankes.

Lo score della 29enne alzanese ora è veramente completo. Oltre all’oro olimpico a Pyeongchang 2018 e l’argento a squadre con Omar Visintin a Pechino 2022, brillano anche le tre Coppe del Mondo (2016, 2018 e 2020) e diversi metalli mondiali: tre bronzi (Kreischberg 2015, Sierra Nevada 2017 e Park City 2019) e tre argenti, quello individuale a Idre 2021 oltre ai due nella competizione a squadre (nel 2019 con Omar Visintin e nel 2021 con Lorenzo Sommariva).

Michela, un finale di stagione a “rischio zero”. Cosa è successo?

«Nel training di Mont St. Anne sono caduta e ho preso una botta al ginocchio. Nulla di grave, ma siccome avevo un po’ di dolore abbiamo preferito saltare le ultime due gare di Coppa del Mondo. Un peccato, ma il mio obiettivo lo avevo già raggiunto».

Due podi e tanti malanni. Oltre alle due competizioni in Canada, aveva già saltato la seconda di Gudauri in Georgia (nella prima, terza con febbre alta, ndr) e il bis di Montafon. Come ha gestito queste situazioni?

«Non è stato semplice. Ma a Montafon ha fatto la differenza il quinto posto. Vincere quella finalina mi ha dato una spinta decisiva verso il Mondiale, mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta per essere protagonista nel grande evento, vale a dire ciò che volevo e ciò per cui avevo lavorato intensamente».

Con l’oro iridato si è chiuso un cerchio?

«Decisamente sì. L’argento non mi sarebbe bastato. La differenza l’ha fatta il non pensare alle medaglie, piuttosto procedere batteria dopo batteria, cercando la miglior prestazione possibile senza andare oltre con la testa. Anche perché già la prima era piuttosto difficile, visto che dovevo tenere alle spalle gente come l’australiana Josie Baff e la francese Chloe Trespeuch».

La testa, appunto. Quanto ha inciso?

«Per larga parte. Quest’annata mi ha messo a dura prova sia emotivamente che fisicamente. Ecco perché l’aspetto mentale è stato determinante. Ci sono situazioni che bisogna vivere, il dolore va attraversato. Perché, quando si tocca il fondo, in qualunque situazione, va messa a fuoco la risalita senza mai perdere la speranza che possa arrivare qualcosa di bello e magari nel momento più inatteso».

Per lei è stato il Mondiale.

«Sì. Che neppure era iniziato nel modo migliore, dopo la caduta nel test. Però (...)

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