Le contraddizioni di maggio, mese sia “di àsegn” che “de la Madóna”
In questo periodo si mescolano sacro e profano, preghiere e ragli, per il dialetto bergamasco. E poi c’è il celebre detto “Molà mia ‘l mas”

Di Ezio Foresti*
Il mese di maggio dovrebbe essere il più chiaro e trasparente dei mesi, con la definitiva esplosione della primavera e del verde. In realtà nasconde curiose contraddizioni, come il fatto di essere, contemporaneamente, ol mis di àsegn e ol mis de la Madóna.
Il sacro e il profano si mescolano, come i ricordi delle prime e fugaci esperienze amorose e le serate dedicate al culto mariano, passate a dì sö ‘l rosare. La notevole distanza che separa ragli e preghiere nella nostra lingua si accorcia, nell’assonanza tra regià e pregà. Anche la grafia e la pronuncia del mese non sono sempre uguali, perché esistono anche l’antico magg e masc, diffuso secondo il Tiraboschi in Val San Martino.
L’ambiguità prosegue nei proverbi, come spesso accade. Il notissimo fin’ai quaranta de mas no lagà zó i strass intende significare che non ci si deve fidare del tempo fino a giugno inoltrato, quando è finalmente possibile vestirsi più leggeri.
Esiste però un detto che significa quasi esattamente l’opposto, e cioè ol mis de mas a s’lassa fò i strass, che arretra di quaranta giorni il limite temporale per togliersi gli abiti pesanti.
Nell’ambito dei modi di dire, è da segnalare stà de mas, usato dall’Assonica nella forma stà de magg, che corrispondeva a uno stato di totale benessere. Altrettanto desueto è alì öna giornada de mas, cioè valere tantissimo.
Un’ulteriore confusione può nascere dal fatto che il suono mas descrive anche altre cose, come il mazzo (di fiori, di carte, di chiavi) o addirittura il contrappeso della stadera. La parola usata in questo significato è impiegata all’interno di una nota espressione, ancora molto diffusa. Molà mia ‘l mas significa non arrendersi, proseguire sulla propria strada, esercitare il controllo della situazione anche in condizioni precarie o in età avanzata. Più o meno quello che tendono a fare tutti i bergamaschi.
*in memoria