Ohibò, l'8 e il 9 giugno ci sono i referendum (che imbarazzano il Pd e non solo)
Il primo week-end del prossimo mese siamo chiamati a pronunciarci su cinque quesiti, quattro sul lavoro e uno sulla cittadinanza agli immigrati

di Wainer Preda
Fra un mesetto si vota. Ma nessuno, o quasi, lo sa. Stanno passando in sordina i 5 referendum popolari promossi da comitati civici e organizzazioni sindacali, in particolare dalla Cgil. Chiameranno gli italiani, bergamaschi compresi, alle urne l’8 e il 9 giugno prossimi. Ad esprimersi su quattro quesiti riguardanti il mondo del lavoro e un quinto concernente la cittadinanza agli immigrati.
Si tratta di consultazioni popolari abrogative. Ovvero, intendono cancellare norme già esistenti. Votando sì, si elimina la norma; votando no, si mantiene.
I cinque quesiti
Il primo referendum chiede di cancellare la parte del Jobs Act di Matteo Renzi relativa ai licenziamenti. Ad oggi, nelle imprese con più di 15 dipendenti, i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Abrogando la norma, il lavoratore licenziato ingiustamente può essere reintegrato al suo posto di lavoro.
Il secondo quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. Oggi in queste, in caso di licenziamento illegittimo, un lavoratore può ottenere al massimo 6 mensilità di risarcimento. Abrogando la norma, sarà il giudice, a sua discrezione, a determinare il giusto risarcimento. Senza alcun limite, in base alla gravità della violazione.
Il terzo referendum riguarda i contratti a termine. Propone di eliminare le norme che hanno reso più semplice per i datori di lavoro sfruttare questo contratto. Abrogandole, si punta a ristabilire vincoli più rigidi per l’utilizzo del lavoro a tempo determinato.
Il quarto concerne la sicurezza sul lavoro. Propone di cancellare le norme che limitano la responsabilità delle aziende nella prevenzione degli infortuni, specie in caso di subappalti. Abrogandole, si aumentano le misure preventive e le responsabilità dei datori di lavoro.
Infine, l'ultimo riguarda la cittadinanza italiana per stranieri extracomunitari. Il “sì” mira a cancellare l’attuale requisito dei dieci anni di residenza legale in Italia per ottenere la cittadinanza, per portarlo a cinque.
Il quorum per ogni quesito si raggiunge al 50 per cento più uno degli avanti diritto.
Rose e spine
I referendum sono, politicamente, un terreno spinoso. Le posizioni sono diverse, anche all’interno dei partiti. Elly Schlein ha schierato il Pd a favore di cinque “sì”, dopo un ampio confronto e un voto in direzione nazionale. Il timore però (...)