Il report

Nel 2035, in Bergamasca, ci saranno quasi 29 mila lavoratori in meno (ed è un bel problema)

I dati della Cgia di Mestre indicano che nemmeno politiche a favore della natalità e immigrazione potranno invertire la tendenza

Nel 2035, in Bergamasca, ci saranno quasi 29 mila lavoratori in meno (ed è un bel problema)
Pubblicato:

Il calo delle nascite e l'aumento dei pensionati è un problema ormai evidente in Italia, a cui nemmeno la provincia di Bergamo, com'è noto, fa eccezione. Quello che forse non era chiaro, fino a ora, era l'entità della questione, di cui invece adesso si hanno cifre precise.

Sulla base dei dati elaborati dalla Cgia di Mestre e riportati da NewsPrima, infatti, nel giro di dieci anni gli occupati sul nostro territorio passeranno dai 719.078 del 2025 ai 690.152 previsti per il 2035, con quindi 28.926 lavoratori in meno, pari al -3,9 per cento.

Le cifre in Italia

Il tutto a fronte di una previsione in Italia di un totale di quasi tre milioni di occupati in meno (2.908.000) entro un decennio, con un tasso di disoccupazione arrivato al 6 per cento a marzo di quest'anno, dovuto a diversi fattori ma che certo non aiuta.

All’inizio del 2025, questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone, ma si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni (-7,8 per cento). In Lombardia, invece, si dovrebbe passare dagli attuali 6.433.550 lavoratori ai 6.243.842 del 2023, ovvero 189.708 in meno, pari al -2,9 per cento.

A vantaggio di grandi aziende e banche

Chi spera in un’inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso, poiché - secondo lo studio - non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi. Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione. Di conseguenza, ci si dovrà preparare a un progressivo rallentamento del Pil.

Va inoltre considerato che una società con una popolazione sempre più anziana e meno giovane, per forza di cose, dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni molto negative anche sui conti pubblici.

A rimanere penalizzate saranno soprattutto le piccole e medie imprese, mentre le grandi società, in grado di offrire più garanzie ai propri dipendenti, ne risulteranno avvantaggiate. Così come le banche, dato che gli anziani tendono a risparmiare maggiormente e quindi a tenere più soldi negli istituti.