L'acqua Sanpellegrino potrebbe tornare italiana? Sembra che Nestlé voglia vendere
Per la multinazionale quello delle acque è un comparto residuale e che gli avrebbe causato non pochi problemi... Attenzione alta

Sono ormai venticinque anni - un quarto di secolo e circa un quinto della sua storia - che l'Acqua Sanpellegrino, dell'omonimo paese della Val Brembana, non è più italiana. Dagli ultimi anni del XX secolo è infatti di proprietà della Nestlé, ma voci di corridoio sussurrano che la multinazionale intenda cedere tutto il suo comparto delle acque, comprensivo oltre che della Sanpellegrino anche di Acqua Panna, Levissima, Perrier e Vittel.
Eccellenza bergamasca
La notizia è riportata dalla testata online ValBrembanaweb che suggerisce come tra gli interessati all'acquisto del marchio ci sarebbero anche degli investitori italiani, insieme a quelli stranieri. Il che aprirebbe alla possibilità di un "ritorno a casa" della prestigiosa acqua, simbolo di eccellenza in tutto il mondo.
Sul piatto della bilancia
Il motivo dietro la vendita starebbe nel fatto che tutto il comparto per la Nestlé rappresenta solo il 3,4 per cento del fatturato totale, una percentuale non indifferente, ma neanche discriminante. Inoltre, proprio questo settore avrebbe dato non pochi problemi alla multinazionale svizzera per colpa delle recenti polemiche sui controlli sanitari (soprattutto in Francia su Perrier) e sui metodi di trattamento dell'acqua tanto che l'Agenzia francese per la sicurezza alimentare (Anses) aveva raccomandato un monitoraggio più severo, dopo che erano state trovate tracce di inquinanti, batteri, chimici e fecali.
Le ipotesi in campo
L'operazione tuttavia non risulta semplice, a causa dell'aumento dei tassi e della situazione geopolitica ben lontana dal dare certezze. Il Corriere di Arezzo, interessato all'argomento perché l'Acqua Panna sgorga dalla Toscana (da Scarperia e San Pietro, città metropolitana di Firenze), sottolinea come ci sia anche la possibilità che i vari marchi di acque vengano venduti separati, partendo proprio da quelli con origini italiane. È in queste modalità che si sostanzierebbe l'interesse di gruppi industriali e finanziari italiani che lascia presagire un possibile ritorno della gestione in mani nazionali.