Il suggerimento del Papa

Santità, ci scusi: I Promessi Sposi non sono un libro sul fidanzamento

Santità, ci scusi: I Promessi Sposi non sono un libro sul fidanzamento
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C’era da aspettarselo che parlando di fidanzamento a un pubblico di italiani il Papa avrebbe tirato in ballo, pur senza nominarli, I Promessi Sposi. Perché in spagnolo - come in francese - il titolo suona come fosse “i fidanzati” (Los novios, Les fiancés).

«Voi italiani, - ha detto Francesco - nella letteratura, avete un capolavoro sul fidanzamento ed è necessario che i ragazzi lo conoscano e lo leggano». A coloro che non lo avessero letto, il Papa ha fornito qualche ragguaglio: «In questo capolavoro si racconta la storia di due fidanzati che hanno subito tanto dolore, hanno fatto una strada piena di tante difficoltà, fino ad arrivare infine al matrimonio». Per ribadire poi, come fa sempre quando la cosa gli sembra importante: «Non lasciate da parte questo capolavoro sul fidanzamento che la letteratura italiana ha offerto a voi». E concludere, memore del suo passato di insegnante alle prese con ragazzi che non ne volevano sapere di opere importanti: «Andate avanti nel leggerlo e vedrete la bellezza e anche la sofferenza nella fedeltà dei fidanzati».

 

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«Andate avanti» sembra la versione sintetica di una raccomandazione che ragioni di prudenza suggeriscono di non fornire nella sua forma estesa e dettagliata: «(Fidatevi di quel che vi dico: fate la fatica di) andare avanti (anche quando vi venisse voglia di prendere il libro e buttarlo fuori dalla finestra)».  Cosa che ai ragazzi capita abbastanza spesso. E, il Papa ci perdonerà, capiterà ancora di più se si accingono a leggerlo pensando di trovarci qualcosa di interessante e di utile per il loro fidanzamento.

Nel libro, infatti, di tutto si parla meno che di questo aspetto della vita. Un celebre critico italiano, Ezio Raimondi, ha parlato addirittura di «romanzo senza idillio». Che vuol dire che in questo capolavoro assoluto (Umberto Eco lo collocò una volta al terzo posto nelle sue preferenze, dopo Il Cantico dei Cantici e La Divina Commedia) i due protagonisti riescono sì, alla fine, a sposarsi, ma non perché concludono una “storia d’amore”. Riescono a unirsi in matrimonio perché le circostanze esterne - la turbolenta storia sociale e politica di quegli anni, e la situazione economica del territorio tra Lecco e Bergamo - permettono loro di celebrare il rito che avrebbero desiderato compiere all’inizio, della preparazione al quale nulla è detto. Semplicemente si sa che i due avrebbero dovuto sposarsi il giorno successivo all’inizio del romanzo.

Si vuol dire con ciò che le traversie che Renzo e Lucia devono affrontare - e che non augureremmo a nessuna giovane coppia del nostro tempo - non riguardano in maniera specifica la qualità o la possibile maturazione del loro rapporto. Dipendono da avvenimenti di carattere - diciamo - macroeconomico e geopolitico, e non intrattengono alcuna relazione con l’atteggiamento o la consapevolezza con cui i protagonisti si accostano al sacramento. In altre parole, i due novios non crescono in quanto novios, in quanto coppia. Crescono ciascuno per conto proprio, o confermandosi in quel che pensavano già prima che la loro vicenda avesse inizio (è quel che capita a Lucia) o ritenendo di aver imparato ad essere meno ingenui nella vita in generale, come dichiara Renzo.

 

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Dunque, ci dispiace per il Papa, ma I Promessi Sposi sono sì un capolavoro, ma non “un capolavoro sul fidanzamento”. Quindi andrebbero letti - è vero - ma per altre ragioni che  quelle suggerite. Tanto più che Renzo, il fidanzato, non ha né padre né madre né fratelli. Lucia, il motore del romanzo, dispone della sola madre. Delle altre famiglie che vi compaiono, le uniche non patologiche o patogene sono quella di un amico del promesso sposo e quella di un sarto di paese. Le altre - quale più quale meno - presentano personaggi decisamente borderline, se non si vuol parlare di veri e propri delinquenti. In particolare gli uomini, a meno che non siano di classe sociale elevata se non elevatissima e istituzionalmente celibi, vi fanno una figura terribile.

Dunque perché leggere I Promessi Sposi? Per capire come va spesso il mondo. E, per chi sia appassionato di letteratura, per capire in profondità cosa succede quando uno scrittore scrive e che esperienza può fare un lettore quando legge. I veri fidanzati di cui parla il libro sono questi due, lo scrittore e il suo lettore. È il loro matrimonio quello che si celebra al termine della storia, la quale non esisterebbe se i due potessero capirsi fin dalle prime righe, senza far la fatica di cercare di venirsi incontro sempre meglio nonostante che tutto collabori a tenerli lontani l’uno dall’altro. E non sempre accade - dice sorridendo il Manzoni - che l’incontro abbia luogo. Se leggete bene le ultimissime pagine vi accorgerete infatti che Renzo (maschio e non celibe) non intuisce nemmeno alla lontana che la sua Lucia sta su tutt’altra galassia rispetto a lui. Essendo donna, gli è infinitamente superiore. Per questo, forse, alla maggior parte dei lettori risulta così difficilmente simpatica.

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