Addio a Nadine Gordimer
Nadine Gordimer si è spenta a 90 anni nella sua casa di Johannesburg, in Sudafrica. I figli, Ugo e Oriane l’hanno accompagnata fino all’ultimo respiro. Premio Nobel per la Letteratura nel 1991, vincitrice del Booker Prize nel 1974 e attivista politica contro l’apartheid, Nadine Gordimer aveva annunciato di avere il cancro al quotidiano Repubblica e non aveva nascosto che il dolore procuratole dalla malattia le impediva di dedicarsi con serenità alla scrittura, lavoro-passione a cui ha dedicato la sua esistenza.
Nadine Gordimer è stata scrittrice da sempre, fin da quando, a quattordici anni, aveva composto il suo primo racconto. Ed è stata, sempre, una scrittrice “militante”, come si direbbe oggi, determinata a fare della sua opera uno strumento per dare voce e spazio all’impegno politico. Iscrittasi all’African National Congress, il partito fondato da Nelson Mandela, aveva offerto la propria casa come luogo di riunione ai sostenitori del no-apartheid. Ricordava di quando, “al piano di sotto”, gli uomini discutevano, mentre, “al piano di sopra”, lei scriveva. Le parole degli uni venivano filtrate, trasformate e fissate sulla pagina da una mano abile, quella di Nadine Gordimer, determinata a far sapere che quanto succedeva lì, nella sua casa e nel suo paese, non era, e non poteva restare, un problema di pochi e per pochi.
Nel 1949 pubblicò la sua prima opera, la raccolta di racconti Faccia a faccia. Fece seguito, nel 1953, il romanzo I giorni della menzogna. L’Italia, grazie all’interessamento dell’editore Feltrinelli, è stato il primo paese a tradurre i suoi libri, proprio quell’Italia che, al momento dell’esordio della Gordimer, era da poco uscita dalla dittatura fascista e dalla follia di altre leggi razziali. Pensare a un gesto di solidarietà forse esula dal campo dei fatti accertabili, ma non è, per questo, meno bello il pensarlo. La scrittrice ammirava del nostro Paese lo spirito di indipendenza: essere all’altezza del suo giudizio potrebbe essere il modo migliore per dirle grazie di essere vissuta scrivendo.
In occasione del conferimento del premio Nobel, la sua scrittura è stata definita “magnifica e epica”. E lo era, lo è davvero. La Storia ha posto Nadine Gordimer davanti a un ironico paradosso: figlia di ebrei, e dunque esposta alla violenza delle leggi razziali promulgate dal Terzo Reich, era un’africana bianca, perciò al riparo dalla violenza di altre leggi razziali, quelle promulgate dal Sudafrica del secondo dopoguerra. La sorte le ha affibbiato un tragico miscuglio di persecuzione e privilegio, che Nadine Gordimer ha affrontato con un’intelligenza orgogliosa e forte. La libertà di cui ha potuto disporre, in quanto donna bianca, è stato esercitata come mezzo per reclamare altra libertà, quella che veniva negata alla metà nera del suo Paese. Come diceva la stessa Nadine Gordimer, nella parola c’è la sapienza più antica, quella che, se pronunciata bene, va dritta al cuore delle cose. La letteratura è una finzione, ma una finzione che deve servire alla ricerca della verità.