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Kung Fury, cos'è questa cafonata? Il più bel film trash degli ultimi anni

Kung Fury, cos'è questa cafonata? Il più bel film trash degli ultimi anni
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Il 28 maggio è uscito su internet un film molto atteso, soprattutto da una certa fetta di pubblico amante dei b-movie e del divertimento trash ma con una certa logica di fondo basata su una cultura cinematografica alternativa. In effetti Kung Fury potrebbe sembrare una cafonata totale, e per molti aspetti lo è. Tuttavia, per molti altri motivi questo cortometraggio merita rispetto. Innanzitutto è stato finanziato da un crowdfunding e pubblicato direttamente su youtube: è figlio di internet e di una mentalità di condivisione del tutto diversa dal sistema bizantino delle produzioni cinematografiche.

Il mitico David Hasselhoff. Questo progetto ha sfruttato una delle trovate pubblicitarie più efficaci e spettacolari degli ultimi tempi: il video della canzone True Survivor di David Hasselhoff è per certi aspetti ancor più stimolante del film stesso, perché concentra in pochi minuti tutto l’immaginario anni ’80 del film e lo accompagna ad un pezzo synth pop stupendo. La strategia sembra aver funzionato: in meno di una settimana il video ha avuto 12 milioni di visualizzazioni.

 

 

Un vulcano di idee (demenziali). Ma veniamo ai contenuti del film: francamente era difficile garantire più divertimento di così. Ci troviamo di fronte ad un susseguirsi frenetico di trovate ed idee assolutamente geniali nel loro essere trash e demenziali. In effetti, sembra che la trama del film sia quasi un pretesto per mettere insieme tante trovate brillanti. Per citarne solo alcune, il nostro protagonista che fa surf sulla sua macchina lanciata in aria e diretta contro il nemico, una stazione dei videogame trasformatasi in robot killer. Ma ne abbiamo di più clamorose: Hitler (sì, il villain è Hitler) che spara attraverso il telefono e uccide mezza centrale di polizia. E poi ancora, il viaggio indietro nel tempo attraverso una sorta di videogame, i laser raptor, i vichinghi coi mitragliatori, Thor che apre varchi temporali, l’aquila nazista che prende vita.

La bellezza del corto è sostenuta quindi in primo luogo dall’assurdità degli elementi in gioco: oltre alle follie visive, abbiamo anche molti giochi di parole come il Triceracop, collega di Kung Fury. Oppure Hitler che vuole diventare il Kung Führer. Le parole hanno un ruolo chiave per la comicità.

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Spingere tutto all’estremo. C’è poi un’altra dimensione dell’assurdo, meno clamorosa ma ugualmente importante per stimolare il divertimento. Anche le cose meno strane in questo film vengono deformate o spinte all’estremo: quando il red ninja uccide con la katana Dragon, il collega di Kung Fury, non lo fa normalmente, ma lo apre in due come se fosse una banana molle. Nel vendicarsi Fury lo lancia in aria e poi con un calcio lo spedisce contro un’autocisterna che è comparsa lì all’improvviso solo per regalarci l’esplosione finale, come da cliché. O ancora, le macchine vengono fatte volare facendo leva sullo skateboard. Hackerman rintraccia la telefonata di Hitler e ne ricostruisce addirittura il volto al pc. Capolavoro in questo senso è il combattimento tra Kung Fury e l’esercito nazista (tra l’altro, tutti con la maschera antigas, per rendere un po’ assurdi anche loro); non c’è un movimento normale, ogni colpo ha la sua originalità bislacca.

Gli anni ’80. Infine, l’elemento più evidente è l’omaggio alla cultura anni ’80, sia visivo che sonoro grazie alle musiche synth. Il richiamo è negli elementi, che spaziano in lungo e in largo nella cultura dei b-movie, ma anche e soprattutto nella veste estetica del film: luci al neon, effetti speciali volutamente retrò, zoom su dettagli trash (la katana imbrattata di sangue), immagini a tratti sgranate o con colori un po’ alterati, se non addirittura interruzioni a schermo nero come capitava coi VHS logori. Per non parlare poi dell’oggettistica, tra telefoni, radio enormi e pc arcaici.

Questo pastiche immaginifico è un simpatico omaggio a una certa cultura cinematografica, ma sa anche essere divertente dal primo all’ultimo minuto. Inoltre, il finale si evidenzia per un bel paradosso temporale che lascia apertissime le possibilità per un sequel.

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