Il regolamento delle Suore Poverelle prevede che suor Marilina Monzani, superiora generale, sia la responsabile ultima della Congregazione voluta dal santo don Luigi Palazzolo e dalla venerabile madre Teresa Gabrieli nel 1869. Tutte le decisioni gravano su di lei, ma sostiene di non decidere mai da sola. A darle supporto ci sono quattro consigliere. Praticano la cosiddetta sinodalità, quindi un lavoro di collaborazione e ascolto reciproco.
A parte il conforto delle quattro consorelle consigliere, sopra di lei c’è solo nostro Signore?
«Siamo una Congregazione di diritto pontificio (non diocesano), quindi dipendiamo direttamente da Roma. Dal Papa, per intenderci, che ha autorità su di noi attraverso il Dicastero per la Vita Consacrata».
Come vanno le vocazioni?
«Sono fiorenti in Africa, dove siamo presenti in cinque nazioni: Congo, Malawi, Kenya, Costa d’Avorio e Burkina Faso. In Italia, la chiamata del Signore è divenuta più rara. Oggi abbiamo tre novizie: due napoletane e una peruviana. L’ultima bergamasca che ha pronunciato la professione religiosa perpetua (il settembre scorso) è suor Francesca Spreafico, 34 anni, di Grignano (Brembate). Nel complesso, siamo circa cinquecento suore nel mondo. In Italia l’età media è di circa 79 anni, mentre in Africa si aggira intorno ai quaranta».
Negli anni passati le suore erano molte di più?
«Dopo il Concilio Vaticano II siamo arrivate a oltre mille religiose».
È difficile rapportarsi con le nuove generazioni di suore?
«Non è che sia difficile, occorre però comprendere che le nuove generazioni hanno diritto ad avere delle attenzioni adatte a loro. Non possiamo immaginare di proporre loro il percorso formativo che ho sperimentato io cinquant’anni fa. La Chiesa è cambiata e le nostre giovani hanno bisogno di cammini personalizzati».
Il carisma del fondatore, don Luigi Maria Palazzolo, resta immutato?
«Luigi Maria Palazzolo, nato nel 1827 a Bergamo in una famiglia benestante, ultimo di nove figli e rimasto unico superstite, quindi duramente provato dalla sofferenza, fin da bambino fu educato alla solidarietà: si recava spesso all’ospedale e nelle case a visitare i poveri infermi, recando loro il meglio del suo pranzo e della sua cena e qualche aiuto in denaro. Ordinato sacerdote, agì in favore dei più poveri. Diceva: “Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perché dove altri provvede lo fa assai meglio di quello che io potrei fare, ma dove altri non giunge cerco di fare qualcosa io così come posso”».
Ma oggi?
«Il carisma del Palazzolo non è cambiato, sono cambiate le modalità. Quel suo motto “dove altri non giunge” ai suoi tempi significava occuparsi dei bambini lontani dalla scuola, fenomeno che, almeno qui da noi, è quasi scomparso. Pertanto aderire oggi al carisma significa andare incontro ai bisogni più scoperti del nostro tempo, come per esempio gli anziani affetti da malattie neurodegenerative difficilmente gestibili in famiglia, oppure confrontarsi con il mondo della disabilità».
Come rendere attuale l’insegnamento del Palazzolo in una realtà così diversa da quella del fondatore?
«Basta aprire gli occhi e il cuore per vedere che (…)