Mai un giorno in carcere

Il padrino dei narcos messicani è un montanaro che vive nella sierra

Il padrino dei narcos messicani è un montanaro che vive nella sierra
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Di nome fa Ismael, ma tutti lo chiamano el Mayo. Di cognome Zambada. È il più potente signore della droga messicano, leader del cartello dei Sinaloa. A confermare quanto già si sapeva nel mondo dei narcotrafficanti è la Dea, l’agenzia antidroga statunitense, il cui capo delle operazioni ha dichiarato alla rivista messicana Proceso che al mondo non esiste organizzazione criminale più potente del Cartello di Sinaloa, poiché nella storia del narcotraffico internazionale è stata in grado di durare a lungo. In particolare, i Sinaloa mantengono alto il loro profilo e la loro forza mediante l’eroina. I dati della Dea, infatti, dicono che il cartello di el Mayo è l’unico esportatore di eroina negli Stati Uniti. Il titolo di numero 1 del narcotraffico, el Mayo se l’è conquistato oltre un anno fa, il 22 febbraio 2014, dopo l’arresto di Joaquin Guzman, fino ad allora leader indiscusso del gruppo.

 

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I Sinaloa Il cartello dei Sinaloa, fondato dallo stesso Zambada nel 1989 a mò di cooperativa di piccoli cartelli guidati da tre famiglie associate (la sua, quella di Guzmán, e quella di José Esparragoza Moreno), prende il suo nome dallo Stato sulla costa dell'oceano Pacifico in cui il traffico di droga ha una lunga storia. Per molto tempo è stato il cartello più grande e potente del Paese, gestendo il traffico di droga colombiana, marijuana messicana ed eroina del sud-est asiatico, oltre a produrre oppio e marijuana. Attualmente il cartello è in lotta con i Los Zetas per il controllo delle rotte dei traffici di droga: quest'ultimi sono implicati nella vicenda dei 43 studenti messicani spariti dallo stato di Guerrero. Più che per i metodi brutali, i Sinaloa sono conosciuti per lo loro abilità nel corrompere ufficiali di polizia e rappresentanti del governo.

Analogie con Cosa Nostra. Ad alimentare le similitudini con Cosa Nostra è soprattutto il fatto che anche nel cartello dei Sinaloa c’è la presenza di una cupola a conduzione plurifamiliare, con un leader che quando cade ha già pronto il suo sostituto. E poi perché sul territorio messicano sono disseminati numerosi microcartelli, divisi in zone geografiche, che svolgono una funzione analoga ai mandamenti mafiosi, eseguendo gli ordini che arrivano dal Padrino, non a caso l’altro soprannome più usato da Zambada. Ciò che contraddistingue el Mayo è la sua capacità di fare accordi limitando al minimo lo spargimento di sangue.

El Mayo Zambada, narco di lungo corso. La carriera di El Mayo è iniziata presto. Classe 1948, ha cominciato a bazzicare gli ambienti del narcotraffico a 16 anni e da allora non ha mai fatto un solo giorno di prigione, anche se il suo nome è noto agli agenti dell’antidroga messicana già a metà Anni Ottanta, quando lavorava per il boss numero uno dell’epoca, Miguel Ángel Felix Gallardo. Zambada si fece spazio perché in grado di trattare. Diventò socio dei cartelli di Tijuana e Juárez, strinse accordi per importare cocaina dalla Colombia con el Mexicano Gonzalo Rodriguéz Gacha, il numero due di Escobar.

 

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Persona riservata, con un figlio esibizionista. Uomo schivo, di montagna, vive rintanato nella sua sierra e va in città solo per stringere accordi d’affari. Nel 2010 concesse un’intervista esclusiva alla rivista messicana Proceso e disse al suo intervistatore che era sposato, aveva cinque figlie, 15 nipoti e un pronipote: «Tutte stanno qui, al ranch, figlie della montagna, come me. La montagna è casa mia, la mia famiglia, la mia protezione, la mia terra». Suo figlio Ismael Zambada Imperial, detto El Mayito Gordo, per indicare la versione paffuta di suo padre anche se lui ci tiene a dire che non è così grasso come sembra, è stato arrestato nel novembre 2014, ovviamente per droga. Gli inquirenti lo ritenevano un pesce piccolo ed erano sulle tracce del padre. A incastrarlo è stato lo sfoggio di lussi e stravizi mediante foto pubblicate sui social network, in un netto contrasto con la sobrietà paterna. Un arresto di poco conto ai fini della lotta al narcotraffico, quello di El Mayto Gordo, ma una ferita nell’orgoglio per il padre.

La taglia di 5 milioni di dollari. Sulla testa di El Mayo pende una taglia di 5 milioni di dollari, destinati a chiunque passi informazioni utili a catturarlo. El Mayo è uno degli ultimi volti riconoscibili del narcotraffico messicano. Figure criminali, ammantate da un alone di mistero. Secondo gli analisti il fatto che siano rimasti in pochi potrebbe segnare il passo verso un processo di frammentazione dei cartelli. Con la conseguente perdita di controllo del fenomeno.

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