Tasse, la "rivoluzione" di Renzi (sempre che riesca a farla)

Una “rivoluzione copernicana”: è con queste parole che il premier Matteo Renzi ha voluto definire il nuovo piano per ridurre le tasse che il suo Governo sta mettendo a punto. Si tratta di un programma triennale, che dovrebbe partire nel 2016 e svilupparsi fino al 2018, e prevede tagli alle tasse un po’ ovunque, dalle imposte comunali, fino alle imprese e le pensioni. Un progetto molto ambizioso, che però, assicura Renzi, non andrà a peggiorare i numeri del bilancio pubblico e del deficit, che già camminano sul filo del rasoio. Secondo le prime stime, il piano dovrebbe portare ad un alleggerimento della pressione fiscale per circa 35 miliardi di euro, rappresentando, dice Renzi, «la più grande manovra fiscale della storia della Repubblica».
Nel 2016: alleggerimento sugli immobili. Il primo step, quello relativo al 2016 e che dovrebbe mettere corposamente mano alle tante imposte sugli immobili, è quello tutto sommato più agevole, giacché taglierebbe circa 5 miliardi di tasse. Renzi ha parlato anzitutto di abolizione definitiva dell’Imu su abitazioni, una manovra che non dovrebbe prevedere complicazioni, dato che si tratta di un’imposta ad oggi pagata solo da 76 mila proprietari di immobili di lusso e che genera un gettito di appena 90 milioni di euro (tutti le altre case sono ormai soggette alla Tasi).
Ben più complesso invece il taglio che Renzi intende operare proprio sulla Tasi, un’imposta da 3,5 miliardi di euro all’anno. Si tratterebbe di generare un risparmio di circa 200 euro a famiglia e il vero ostacolo sarà rappresentato dalla compensazione delle risorse sottratte ai Comuni, che in un qualche modo deve per forza avvenire onde non danneggiare irrimediabilmente i bilanci degli enti locali. Riequilibrio che, ovviamente, dovrà avvenire senza l’introduzione di nuove imposte. Altri 550 milioni di gettito fiscale verrebbero eliminati abolendo la contestatissima Imu agricola. Infine, un altro miliardo di euro di alleggerimento arriverebbe dal taglio dell’Imu sui cosiddetti “imbullonati”, quei macchinari industriali particolarmente ingombranti e fissati al terreno che il Governo a fino ad oggi considerato come immobili.
Nel 2017-2018 il gioco si fa duro: sgravare imprese e pensionati. Ma è a partire dall’anno successivo che la partita comincia a farsi interessante, perché per quanto riguarda il 2017 Renzi intende alleggerire la pressione fiscale di ben 15 miliardi intervenendo su Irap (già abbassata del 10 percento con la legge di stabilità dello scorso autunno) e Ires, ovvero rispettivamente l’imposta sul fatturato delle imprese e quella sul reddito, mentre per quanto riguarda il 2018 il programma prevede revisioni degli scaglioni dell’Irpef (con modifiche alle aliquote) e garanzia dei famosi 80 euro mensili anche alle pensioni minima: mosse, anche queste, da 15 miliardi di euro. È rispetto a questo biennio che la domanda sorge prepotente: dove recupererà Renzi le risorse per approntare tagli così significativi (perché sì, qualora non si fosse capito, si tratta di un piano davvero mastodontico di tagli delle tasse)?
La scommessa di Renzi. Il Premier ha assicurato che non ci sarà alcun incremento del deficit (il rapporto fra debito pubblico e Pil, quello che, secondo i dettami dell’Europa, non può superare la famosa quota del 3 percento), ma semplicemente un lieve rallentamento nel suo processo di abbassamento. Perché è inevitabile che la bilancia della spesa pubblica risentirebbe di un programma fiscale del genere, e non può essere sufficiente una semplice spending review per riequilibrare tutto. Renzi fa affidamento in particolare su due punti: il primo riguarda le stime contenute nell’ultimo Documento di economia e finanza, che prevede un deficit in netto calo nel 2018, con un debito ridotto al 123,4 percento del Pil. Si tratterebbe, in questo caso, di rallentare un poco il processo di equilibrio.
Il secondo è la scommessa che il Premier intende operare sulla crescita economica dell’Italia nei prossimi anni: i numeri («i crudi numeri della realtà», come li ha definiti Renzi), e in particolare quelli contenuti nell’ultimo bollettino economico di Bankitalia, parlano finalmente di un trimestre, quello appena conclusosi, con il segno “più” dopo 11 trimestri consecutivi in negativo, di una ripresa dei mutui (ergo la gente compra e gli imprenditori ci provano) e di una ripartenza dei consumi, con il 91 percento degli 80 euro introdotti l’anno scorso regolarmente spesi. Naturalmente, tutto questo non può prescindere dalle riforme, per due semplici motivi: in primo luogo per garantire risparmi allo Stato che l’abbattimento delle tasse inevitabilmente comprometterebbe (ad esempio, la riforma della Pubblica Amministrazione che Renzi ha garantito entro il 7 agosto dovrebbe comportare colossali riduzioni delle spese grazie ad una - finalmente! -, riorganizzazione dell’apparato statale); e in secondo luogo, perché se l’Europa ci vede operosi e sulla retta via, potrebbe anche chiudere un occhio su qualche numero un po’ fuori limite che questo programma fiscale potrebbe generare.