Le più belle quelle del Torino

Quei club che non hanno sponsor Una scelta subita, più che voluta

Quei club che non hanno sponsor Una scelta subita, più che voluta
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Dando una rapida occhiata alle nuove maglie delle squadre di calcio di Serie A per la stagione 2015/2016, la prima cosa che balza all’occhio è il candore e la purezza di molte: prendete ad esempio l’uniforme e intonso viola della Fiorentina, o il proverbiale granata senza macchia del Torino, o il rosso acceso e incontaminato della Roma. Sì, stiamo parlando proprio dell’assenza dei tipici sponsor a mezzo addome che solitamente le squadre di calcio portano sulle proprie divise ufficiali. Un’assenza che, senz’altro, rende le maglie affascinanti, con un gusto vintage che è uno spettacolo. Ma siccome di sogni non si vive e, specie nel calcio, i soldi contano eccome, bisogna considerare che niente sponsor significa molti, molti soldi in meno. Una situazione generatasi per due motivi, in particolare: lo scarso appeal del calcio italiano e il dilagare delle maglie cosiddette “tarocche”.

La sponsorizzazione sulle maglie. Il concetto dello sponsor su una maglia di calcio è molto semplice: io, società con gran desiderio di farmi pubblicità, pago te, società calcistica, affinché scenda in campo con il mio nome sulla divisa. Un meccanismo puramente pubblicitario, giacché il brand sponsorizzatore non riceve mezzo euro dal club con cui ha stretto un accordo, ma semplicemente spera di aumentare le proprie vendite poiché il proprio marchio è stampato sulla maglia della squadra del cuore di chissà quanti tifosi e potenziali compratori. Può anche verificarsi il caso, rarissimo, in cui il processo sia contrario: il Barcellona, per esempio, negli ultimi anni del primo decennio del duemila, mostrava sulle divisa il simbolo dell’Unicef, e fu proprio la società catalana a dare soldi alla ong, come forma di beneficienza, in cambio del permesso di fregiarsi del suo nome. Un accordo durato qualche anno, prima che il Barcellona decidesse di concedere il proprio spazio alla Qatar Airways per circa 60 milioni di euro all’anno. Stupiti? Eppure le grandi e vincenti società di calcio riescono a strappare contratti tanto aurei, per il grandissimo impatto mediatico che hanno in tutto il mondo e per l’elevato numero di maglie che vedono in ogni angolo del globo. Quello del Barcellona è il secondo caso più clamoroso (in testa c’è il Manchester United coni suoi 79 milioni di euro annui da Chevrolet), ma si potrebbero citare anche i 53 milioni di euro che da quest’anno il Chelsea incasserà dal nuovo sponsor Yokohama (dopo una lunga partnership con Samsung), o i 30 del Real Madrid da Fly Emirates, i 32 milioni di T-Mobile al Bayern Monaco, e via dicendo. Un voce di entrate, dunque, parecchio sostanziosa.

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In Italia invece gira (stranamente) male. L’Italia, fra i campionati top europei, è all’ultimo posto per sponsorizzazioni di maglia, con 84 milioni di euro complessivi di introiti. Juventus, Inter e Milan, i tre club più importanti del nostro calcio, navigano su cifre annue che si attestano introno ai 13 milioni di euro, rispettivamente da Jeep, Pirelli e Fly Emirates. Una miseria in confronto ai guadagni stellari prima citati delle squadre estere. E scendendo di livello, in Serie A, le cifre delle sponsorizzazioni diventano quasi irrisorie. Questo perché il calcio italiano ha sempre meno appeal sul mercato internazionale: in un contesto in cui i club più piccoli sono conosciuti a malapena nelle proprie regioni, e in cui quelli grandi (eccezion fatta per la Juve dell’ultimo anno, finalista di Champions League) non riescono più a farsi valere in Europa, ecco che alle società che intendono sponsorizzarsi nel calcio non passerebbe mai per la testa l’idea di legarsi ad una squadra italiana, poiché le maglie vendute sono poche, e perlopiù tutte sul territorio nazionale. Nel nostro Paese, inoltre, c’è il grande problema delle maglie non originali, diffusissime, che inevitabilmente fanno crollare ulteriormente il saldo delle vendite di quelle autentiche, e quindi l’appetibilità nei confronti degli sponsor.

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Anderlecht's Youri Thielemans, center, battles for the ball with Lazio Roma's Keita Balde Diao during a friendly soccer match at the Constant Vanden Stock Stadium in Brussels on Sunday, July 19, 2015. (AP Photo/Francois Walschaerts)

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I casi di Roma, Lazio e Fiorentina. Al momento in Serie A sono ben 7 le squadre che non sono ancora riuscite a trovare uno sponsor: Roma, Lazio, Fiorentina, Bologna, Torino, Genoa e Palermo. Per quanto riguarda i giallorossi della Capitale, il presidente Pallotta è stato chiaro nel fissare un limite minimo di accordo (almeno 14-15 milioni di euro) sotto il quale non intende scendere. Una presa di posizione piuttosto presuntuosa in un contesto come quello del calcio italiano, e la Roma si appresta infatti ad affrontare nuovamente una stagione con la maglia linda. Diverso il caso della Lazio, molto meno conosciuta nel mondo rispetto ai cugini, ma che se dovesse riuscire a qualificarsi per la prossima Champions League superando il turno preliminare, ecco che le proposte potrebbero cominciare a fioccare, pur entro cifre probabilmente al di sotto dei 10 milioni di euro. La Fiorentina sostiene di essere alla ricerca di una società “che rispecchi i nostri valori”, mentre per le restanti citate si attende un’offerta quantomeno congrua, che però potrebbe benissimo non arrivare mai. Non ci resta che consolarci con il fatto che le maglie di questi club, obiettivamente, senza marchi strani sono davvero molto belle.

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