Il Papa non è un tipo da spot (ingenuo sì, ma non troppo)

D’altra parte lo aveva detto subito, nell’intervista al direttore di Civiltà Cattolica Antonio Spadaro: «Sì, posso forse dire che sono un po’ furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un po’ ingenuo. Sì, ma la sintesi migliore, quella che mi viene più da dentro e che sento più vera, è proprio questa: “sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”».
Appunto: sa muoversi, il Papa. Quando ha capito che il magnate australiano del ferro, Andrew Forrest, si era inventato il Global Freedom Network - una specie di task force globale e interreligiosa contro la schiavitù, il racket, il traffico d’organi e altre piaghe contemporanee - per usarlo come testimonial del suo impero estrattivo gli ha fatto dire: Basta. Noi ci sfiliamo.
Monsignor Sorondo, rappresentante del Vaticano nella famosa foto del “Tutti per uno; Uno per tutti” che cinque mesi fa aveva sancito la nascita della grande impresa, lo ha detto sommesso e chiaro al Messaggero, il quotidiano di Roma: «C’era il rischio di essere strumentalizzati. Naturalmente un uomo di affari ha tutto il diritto di fare business, ma non utilizzando Papa Francesco». Un po’ ingenui va bene, ma non fino al punto di partecipare a uno spot.
E così la rottura è avvenuta. La notizia si è subito diffusa in rete. Andrew Forrest dovrà trovare qualcun altro se vorrà continuare a diffondere il verbo delle miniere.
La sua iniziativa, per altro, non è nuova. Nei secoli molti hanno tentato - e talora purtroppo con successo - di usare il prestigio della Santa Sede per promuovere le loro cause. Ma papa Francesco e i suoi immediati predecessori hanno chiesto così tante volte perdono per i disastri connessi proprio al fatto di aver ceduto a quella tentazione da essere ormai vaccinati contro ogni tentativo in proposito. Speriamo solo che la protezione resista a lungo e che non ci sia bisogno di un richiamo, magari fra qualche secolo.