Un altro nero ammazzato negli Usa Un'insensata soap opera di violenza
Ne hanno ammazzato un altro, un quindicenne. A Indianapolis questa volta: tre ore di macchina da Ferguson, Missouri, dove erano in corso manifestazioni - finite con decine di arresti - in occasione dell’anniversario della morte di Michael Brown. E anche di Kajeme Powell, che però non se lo ricorda mai nessuno. Era quello del filmino, il tizio magrolino che passeggiava davanti al supermercato. Questo invece si chiamava Andre Green. Due o tre giorni fa (August 9, 2015, venerdì) la polizia ne aveva fatally shot un altro ad Arlington, Texas. Si chiamava Christian Taylor, aveva 19 anni e giocava nella squadra di football del College. Nero anche quello? Of course, ovviamente.
Indianapolis, Ferguson o Arlington fa lo stesso: gli agenti continuano a sparare. A Ferguson - adesso - il capo della polizia è nero (in seguito ai noti accadimenti), a Indianapolis è rimasto bianco. Quello di Arlington anche. Prima che diventino tutti neri c’è tempo per un’ecatombe.
È colpa del taser (?!). I titoli dello scorso anno - gelosamente conservati nei segnalibri in previsione di eventi come questo - e quelli da venerdì a oggi sono perfettamente sovrapponibili, salvo i nomi di luogo. E salvo il particolare del taser, l’arma elettrica che serve a stordire: sembra che anche questa volta il poliziotto che ha ucciso Andre Green, si sia giustificato dicendo che credeva di avere in mano un taser invece della pistola. La scusa era già stata utilizzata nell’aprile scorso: caso Eric Harris, Tulsa, Oklahoma.
Nel giugno scorso dopo Michael Brown (il capostipite, il fondatore della saga), dopo Eric Garner, dopo Tony Robinson Warner Scott, nel giugno scorso, dicevamo, era toccato a Richard Gregory Davis, cinquantenne padre di sei figli ed ex marine, essere ucciso da un taser a Rochester, New York. Precedenti che rendono la scusa dello scambio sempre più debole. Ancora meno agevole spiegare come siano usciti quattro colpi dalla canna della pistola. Forse il soggetto ha pensato che l’electric weapon avesse smesso di funzionare e ha fatto come quando la cucitrice non cuce. Difficile arrendersi al fatto che abbia esaurito i punti. Allora si continua a schiacciare, sempre più incazzati.
Un video della Cnn dell’aprile scorso (How different does a handgun and taser feel?, Qual è la differenza tattile fra un taser e una pistola?) lascerebbe pensare che lo scambio è sempre possibile. Ma un’immagine al termine del servizio fa vedere che i due oggetti differiscono come una Smith&Wesson da un’etichettatrice Dymo. Ma basta parlare di taser.
Un triste format. Tutto il resto è in copia conforme: che a Ferguson c’è l’emergenza; che il ragazzo di Indianapolis era stato visto con una pistola; che era un soggetto che aveva già avuto a che fare con la polizia; che forse aveva rubato un’auto; che stava compiendo una manovra che i testimoni, invece, affermano che fosse tutt’altra. Le stesse, identiche cose, al punto che quando si digita su Google un frammento di testo di un articolo per cercare altre notizie sull’accaduto vengono fuori storie accadute in tempi e luoghi molto distanti l’uno dall’altro e se non si sta attenti ai nomi si rischia di cambiare canale senza saperlo.
Accade come quando si duplica una chiave di ultima generazione, di quelle realizzate al computer. Hanno un codice, queste chiavi, e quando l’operatore lo inserisce nella macchinetta, quel che vien fuori non è una copia della chiave precedente: è la stessa identica chiave, un altro originale della chiave. Lo stesso succede con i frammenti di testo usati per fare una ricerca su Google sull’argomento dei neri ammazzati: non si ottengono copie diverse, un po’ modificate, dello stesso articolo. Si ottiene il medesimo articolo, solo adattato a situazioni diverse.
Situazioni che, al pari delle chiavi e degli articoli, sono la stessa situazione, in quanto seguono il medesimo pattern, utilizzano lo stesso modello, fanno riferimento a un identico storyboard. Ormai è diventato un vero e proprio format quello dell’uccisione di un nero. Prima o poi verrà fuori qualcuno a rivendicarne la proprietà.
L’emergenza non è «nuova». Così che quando si sente ancora parlare di «nuova emergenza», di «riaffiorare della rivolta» viene in mente la storia di quello che, richiesto dal conducente al volante di confermare se l’indicatore di direzione posteriore destro funzionasse, rispondeva: «Adesso sì, adesso no, adesso sì» non capendo di avere a che fare con una luce lampeggiante.
La situazione del rapporto fra popolazione bianca e popolazione di colore negli Stati Uniti ha la medesima struttura: non è che quando non c’è il morto smetta di funzionare. La corrente è sempre attiva, come nel caso di una lampadina che non si accende solo perché è fulminata e se non si sta attenti si prende la scossa. È strano che non lo capiscano, oltreoceano. O forse gli va bene così.