40mila transiti nel mese di luglio

I disperati al confine macedone In migliaia hanno sfondato il blocco

I disperati al confine macedone In migliaia hanno sfondato il blocco

Sono inquietanti le immagini che arrivano dalla Macedonia, Paese che negli ultimi giorni è stato interessato da un forte aumento del flusso dei migranti, soprattutto dalla Siria, con la conseguente scelta del Governo di Skopje di chiudere i confini con la Grecia. In rapido tempo si è arrivati a momenti di altissima tensione tra profughi e polizia: i primi che spingono per entrare, i secondi che manganellano per respingerli, usando anche granate stordenti e gas. A determinare questa situazione ha contribuito in gran parte la decisione dell’Ungheria di costruire un muro al confine con la Serbia, così il cammino dalla Grecia alla Macedonia è diventato uno dei pochi da percorrere, e i migranti si aggrappano a qualsiasi cosa li possa trasportare pur di passare. Si stima che nel 2015 saranno 130mila le persone che entreranno in Europa attraversando i Balcani. Ma ora la situazione si è fatta complicata, e il governo di Skopje ha decretato lo stato d’emergenza a causa della grande tensione che si è creata. Da quando, in giugno, il Paese ha modificato la legge sul diritto di asilo a seguito delle pressioni da parte di alcune Ong, i migranti hanno il permesso di attraversare il Paese senza ostacoli, usando i mezzi pubblici, purché lo facciano nel giro di 72 ore.

Gli scontri e l’apertura del confine. La scelta di chiudere i confini è stata presa per tutelare la popolazione macedone e, dice la polizia, anche per garantire ai migranti migliori condizioni. D’altronde, il mese di luglio è stato durissimo per il Paese, che ha visto raddoppiare i transiti di profughi, arrivati quasi a 40mila in un mese. Così, dopo la chiusura, si è arrivati in fretta agli scontri. I poliziotti in assetto antisommossa hanno usato granate assordanti per allontanare i migranti dalla frontiera. Oltre tremila persone, uomini, donne incinte, bambini, neonati, sono bloccati in un limbo, una “terra di nessuno” da cui non possono andare da nessuna parte. Solo nel tardo pomeriggio di venerdì, dopo gli scontri, il ministero degli Interni Macedone ha deciso di far entrare inizialmente 181 persone: si tratta di un «numero limitato di immigrati illegali che rientrano nella categoria in pericolo», come afferma il ministero in un comunicato. A partire dalle 5 di sabato, invece il numero dei migranti si è allargato: 300 persone ogni due ore, dando la precedenza a donne, bambini e anziani. Una decisione che è riuscita a calmare almeno in parte gli animi che nella giornata di venerdì si erano surriscaldati.

Ma oggi, proprio quando la polizia aveva deciso di far passare un piccolo gruppo di migranti con bambini piccoli, la folla, composta da migliaia di persone, ha iniziato a premere e il gruppo a cui era stato concesso di passare è rimasto compresso contro il cordone degli agenti. Molti bambini e donne, secondo quanto riporta La Stampa – si sono accasciati al suolo stremati. Nel caos che si è venuto a creare, migliaia di profughi hanno oltrepassato il filo spinato che segna il confine con la Grecia e sono entrati nel Paese balcanico. La polizia, lanciando alcune granate assordanti, ha tentato di ristabilire il controllo dell’area in cui è avvenuto lo sfondamento. Tuttavia, la maggior parte dei profughi è riuscita a dirigersi verso la stazione di Gevgelia.

Il ruolo dell’Onu. Sono quasi tutti siriani, senza cibo e pochissima acqua. Vista la loro terra di provenienza, martoriata dalla guerra civile, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha spiegato che quasi tutti hanno i requisiti per ottenere l’asilo politico. Volontari e cooperanti sono presenti alla stazione ferroviaria di Gevgelija, che sta vivendo la situazione più critica, addirittura drammatica come l’ha definita il governo nei giorni scorsi. È uno snodo ferroviario importante al confine con la Grecia, da cui migliaia di migranti cercano di prendere un treno per raggiungere i Paesi dell’Ue. Spesso aggrappandosi al primo treno. Proprio l’Unhcr ha espresso la sua preoccupazione per una «situazione che sta deteriorando» e che le autorità macedoni e greche devono affrontare: gli uni stabilendo una «gestione dei confini ordinata e tesa a proteggere» i profughi più vulnerabili, e gli altri rafforzando «le strutture, la registrazione, e la ricezione» sul proprio versante del confine.

 

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L’aiuto dei volontari. Sono molte le Ong che hanno allestito gruppi di aiuto su base volontaria, sia nel nord sia nel sud del Paese. Stazionano ai confini, aiutando quanti sono in arrivo soprattutto da Siria, Somalia, Afghanistan. Forniscono acqua, cibo, vestiti puliti, medicine ai migranti che dalla Turchia o dalla Grecia entrano nel Paese per andare in Germania, Svezia o, come dicono gli stessi migranti «ovunque piuttosto che tornare a casa».

I numeri del Ministero dell’Interno. I dati del ministero dell’Interno macedone dicono che tra il 19 giugno e il 12 agosto di quest’anno, sono stati emessi 32.388 certificati che permettono la permanenza sul suolo per 72 ore a cittadini stranieri di cui 22.703 uomini, 4.359 donne e 4.959 bambini. 367 minori viaggiavano non accompagnati e a loro è stato rilasciato un permesso in cui viene esplicitata la loro intenzione di presentare domanda di asilo. Prima che scoppiassero gli scontri con la polizia il ministero rilasciava circa 1330 certificati di ingresso ogni giorno, ma nella giornata di venerdì il numero aveva subito una battuta d’arresto e si era fermato a 181.