L'allarme degli scienziati

Il Vesuvio sta per risvegliarsi

Il Vesuvio sta per risvegliarsi
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I due scienziati dell'Osservatorio Vesuviano, Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo, ci hanno avveriti: il Vesuvio è tornato in attività ed entro un decennio dobbiamo attenderci una grande eruzione. Gli studiosi hanno recentemente pubblicato i risultati delle loro ricerche sulla rivista Nature e hanno spiegato che la caldera situata tra il Vesuvio e i Campi Flegrei potrebbe diventare l'origine del prossimo risveglio del vulcano. La caldera, termine con cui i geologi designagno i crateri spenti, contiene infatti una sacca magmatica situata a 10 chilometri di profondità. La presenza del materiale lavico avrebbe scatenato negli ultimi anni micro terremoti, fumaroli e casi di bradisismo flegreo, cioè un periodico abbassamento e innalzamento del livello del suolo. Gli esperti hanno scoperto che tra il 2000 e il 2012 il suolo si è sollevato di almeno venti, trenta centimetri.

 

 

Il vulcano che affascinò Plinio il Vecchio, tanto da farlo indugiare un momento di troppo durante la catastrofica eruzione del 79 d.C., la stessa che avrebbe sommerso Pompei e i centri vicini, imbalsamandoli sotto uno spesso strato di ceneri, è ora tornato a fare parlare di sé. Gli studi dei ricercatori sono stati condotti con grande scrupolo e di certo non sono stati finalizzati a spargere il panico tra la popolazione. Pare proprio, dunque, che bisogna dare loro ascolto. Mastrolorenzo e Pappalardo hanno comparato i magmi chiamati “primari”, quelli posti in profondità sotto il livello del suolo, nella crosta e nel mantello della superficie terrestre, nonché le rocce nate dai depositi prodotti dai sistemi vulcanici Vesuvio-Campi Flegrei. «Abbiamo studiato in particolare la velocità di crescita dei minerali, fra cui il sanidino», spiega Pappalardo. «E, analizzando i rapporti isotopici delle rocce - indicatori della sorgente da cui deriva il magma - ci siamo accorti della somiglianza fra le rocce provenienti dal Vesuvio e quelle provenienti dai Campi Flegrei. È questo che ci ha fatto pensare all'esistenza di un unico bacino magmatico comune ai due sistemi vulcanici». Inoltre, i due vulcanologi hanno dedotto dal confronto tra magma e rocce che il punto più caldo del bacino di lava sono proprio i Campi Flegrei, che hanno definito un “super vulcano”. Ora, dal momento che i Campi sono rientrati in attività, ed essendo condiviso il bacino di magma, è probabile che anche il Vesuvio venga coinvolto dal fenomeno eruttivo.

 

 

Durante l'eruzione ipotizzata da Pappalardo e Mastrolorenzo, «il processo di risalita del magma sarebbe molto veloce, impiegherebbe pochi giorni. Ciò significa che dal momento in cui si verificano i fenomeni precursori dell'eruzione (come variazioni delle caratteristiche chimiche e delle temperature delle fumarole, deformazioni del suolo e attività sismica) ci vogliono pochi giorni perché il magma risalga in superficie. Cosa che, in assenza di un piano di emergenza riguardante i Campi Flegrei, potrebbe provocare dei disastri non solo a livello locale, ma estesi a tutta l'area campana». I due studiosi, infatti, sono particolarmente preoccupati dall'attuale sistema di sicurezza pensato in caso di un'eruzione del Vesuvio. Come ha sottolineato Mastrolorenzo, il piano di emergenza attuale si adatta solo ad un fenomeno di entità intermedia. Per i Campi Flegrei non esiste nemmeno un piano, nonostante le sue attività vulcaniche siano molto più intense. La caldera, peraltro, accoglie al suo interno interi quartieri di Napoli, come il Soccavo, Fuorigrotta, Posillipo e le frazioni Pianura, Pisani, Agnano. Il rischio, dunque, è che si possa ripetere uno scenario simile a quello dell'età di Plinio, proprio per l'assenza di misure di fuga adeguate, in grado di mettere al sicuro la popolazione partenopea.

 

 

La storia del Vesuvio. Le eruzioni del Vesuvio hanno sempre fatto molto scalpore: a modo suo, il vulcano di Napolo è una celebrità. Nel 1906 si è verificata la più potente fuoriuscita di magma lavico del Novecento, tanto da essere stata descritta dalla scrittrice Matilde Serao. In quell'occasione la lava si è diretta verso Torre Annunziata ed è stata bloccata soltanto dalle mura del cimitero. Ottaviano fu completamente sotterrata dalla pioggia di cenere, la quale provocò la morte di trecento persone: si parlò di una nuova Pompei. Dal principio del Novecento fino ad oggi, il Vesuvio ha alternato momenti di “riposo” a momenti di attività più o meno marcata. In ogni caso, l'ultima eruzione di una certa importanza avvenne tra il 16 e il 29 marzo 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale. Massa e San Sebastiano furono distrutte, Ottaviano e il resto del Meridione furono oscurate ancora una volta dalle ceneri. L'esercito angloamericano di stanza in città diffuse in tutto il mondo l'immagine del risveglio del vulcano tramite i cinegiornali, negli stessi mesi in cui si incominciava a parlare di liberazione. Gli operatori di guerra distolsero per un istante i loro strumenti dai campi di battaglia, per puntarli verso la grande montagna che «latrava come un cane».

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