Per qualche milione di morti
L’ultimo nemico ad esser distrutto sarà la morte. Così scrive san Paolo nella sua prima lettera alla comunità di Corinto. Perché sarà l’ultimo? Perché quando saranno morti tutti, tutti fino all’ultimo, la morte non avrà più materiale su cui esercitarsi. Questo - ad avviso di san Paolo - il senso della storia degli uomini, che negli ultimi mesi sembra stia portandosi avanti con i compiti. Come Giuda ne ha avuto uno - sgradevole, ma pur sempre compito - nella vicenda della morte e resurrezione di Gesù di Nazareth, così l’Is o Isis o chi per lui sta facendo del suo meglio - dal suo punto di vista - per ridurre al nulla tutte le cose.
Sta succedendo una cosa strana in questi giorni: che stanno bonificando la Siria e l’Iraq, ma chi fugge dalla Siria - nella grande maggioranza si tratta di mussulmani - non si ferma in Turchia, che sta alla Siria come l’Italia alla Libia (dal punto di vista geografico, ma non da quello religioso: mussulmani gli uni, mussulmani gli altri): i siriani, come gli antichi persiani, vogliono andare in Grecia. Appena arrivati in Grecia dichiarano però di non volersi fermare neanche lì e fuggono verso la Macedonia. Altro paese mussulmano. Ma non si vogliono fermare neanche nel Paese che fu di Alessandro. Confessano di voler passare in Serbia, dove son tutti ortodossi, per poi entrare in Ungheria e di lì spargersi nell’Europa del Nord. Uno che dicesse: sarei orientato al Kosovo. Ho sentito che in Albania c’è bisogno di bagnini. Stavo pensando di metter su un ortofrutta in Montenegro. Niente. Vogliono la Svezia, come Ibraimovich. Eppure ce ne sarebbe di spazio sul versante Adriatico dei Balcani. Ma non c’è nessuno che voglia occuparlo. Troppi mussulmani in giro?
Il sogno è Stoccolma. Che prima o poi li sterminerà tutti, perché la Svezia non è solo il Paese degli uomini che odiano le donne. È anche quello che si schierò a fianco di Hitler. Ed è per questo che odiano le donne (o viceversa), da quelle parti. Così non rimarrà nessuno tra Damasco e Bassora (nessuno tranne i capi dell’Is); Israele avrà gioco facile a far fuori un nemico numericamente ridotto e, dal punto di vista della lettera ai Corinti, anche questa sarà fatta. Almeno questa. Il resto verrà pian piano.
Perché il mondo non va verso la pace: va verso la propria distruzione. Chi vuole che anche la morte sia distrutta, bisogna che si disponga alla guerra. Non diciamo che si debba mettere ad inventarne delle altre, visto che il mercato ne offre già in quantità sufficiente a consentire un’ampia scelta: diciamo solo che pensare a quel che sta accadendo come a una faccenda che si possa risolvere senza qualche milione di morti (magari morti di cui nessuno sappia niente, come avvenne in Tasmania o nelle colonie francesi due secoli fa, o in quelle tedesche in Africa, che di autoctoni non ne rimase vivo uno, senza che nessuno muovesse un dito. Come sta accadendo in questi giorni in Ucraina, o in Sudan) significa non avere il senso della prospettiva storica.
L’enciclica del papa, che appare come una proposta per la salvezza del pianeta Terra, e che piace così tanto agli ecologisti e a quanti si preoccupano dei cambiamenti climatici, in realtà è un avviso di catastrofe. Francesco ha parlato di “ecologia umana”, di “ecologia non verde, ma sociale”. Avendo intuito che la Terra non si potrà salvare, ha voluto avvisare i passeggeri per farli giungere in buone condizioni al D Day definitivo. Moriremo tutti, questo è certo, moriremo di gas serra o di alluvioni o di tutte e due, ma nel frattempo - vuole dire il Papa - vedete almeno di non scassarvi una gamba o di cavarvi un occhio, in modo che il tempo che precede la fine passi senza bisogno di troppi ricoveri in ospedale o in prigione o in una clinica psichiatrica.
Abbiamo passato il secolo scorso - dal progetto della Società delle Nazioni in poi - a proclamare i diritti dell’uomo. Appena uno - un uomo, una popolazione - si è azzardato a chiederne il rispetto gli sono piovuti dal cielo tanti di quelli ordigni che in tutta la storia precedente non se n’erano contati la metà. O gli è stato caldamente raccomandato di cavarsela da solo. Che anzi, se i suoi nemici li faceva fuori lui direttamente gli altri si sarebbero evitati il disturbo di sentirsi in colpa. I diritti sono una bella cosa, basta che a richiederne la difesa sia qualcuno che viva distante dal mio giardino. NIMB scrivono gli americani: Not In My Backyard.
Siccome però le zone di rispetto attorno ai giardinetti tendono a restringersi sempre più, perché ciascuno vuole o allargare il suo o trasferirsi in quello del vicino, siamo alla guerra. In Ucraina, nel Da’ish (the Islamic State, Siria + Iraq), in Nigeria, nel Mali, in Palestina, Afghanistan, Pakistan, Kurdistan, Tibet, Libano, Libia, Sudan, Somalia... fate voi. Nei ritagli di tempo, leggete magari La guerra invernale in Tibet, dimenticato capolavoro di Friedrich Dürrenmatt.
Si ammazzeranno i popoli l’un l’altro; si sottometteranno l’un l’altro gli Stati o i loro gusci. Sottometteremo o saremo sottomessi. E se saremo vincitori ci uccideremo l’un l’altro perché non sapremo che altro fare, come ha ammesso candidamente Vincenzo Lanni, il 49enne profeta dei giorni in corso, fermato nella serata di venerdì, “residente a Bergamo ma di fatto domiciliato in un residence a Villa di Serio” come ha precisato un quotidiano locale. Bergamasco sì, ma solo un poco. D’altra parte anche il povero Tenco confessava, anni fa: “Mi sono innamorato di te / perché non avevo niente da fare”. La pace, il niente da fare, sarà dunque il penultimo nemico, perché l’ultimo ad essere sottomesso sarà la morte stessa, come dicevamo.
Resterà vivo solo il vincitore della morte e coloro che gli saranno rimasti fedeli. Perché saranno morti anche loro delle morte di tutti - la prima morte, la morte corporale -, ma la morte secunda, come la chiama San Francesco, nol farrà loro del male. Se non credessimo questo, aveva scritto Paolo qualche riga sopra, saremmo davvero i più infelici degli uomini. Saremmo proprio tentati di dire che ci aveva visto giusto.