Il pomeriggio italiano agli US Open raccontato da uno che era là

NEW YORK CITY, 12 settembre. Il cielo è grigio sopra l’Arthur Ashe, lo stadio da 23mila posti che ospita le partite più importanti degli US Open. Gli aerei che partono dall’aeroporto di LaGuardia ci passano sopra e si perdono nelle nuvole; il sole fa capolino timidamente per qualche frazione di secondo, poi scompare. A mezz’ora dall’inizio della finale femminile del torneo il clima è quasi surreale. Lo stadio è mezzo vuoto, e Novak Djokovic si sta allenando a rispondere alle battute di un ragazzo che lancia la palla a 130 miglia all’ora: domani sfiderà Federer. Se non fosse per qualche ragazzo con la maglietta dell’Italia sparso qua e là tra il pubblico, l’impressione sarebbe quella che si stia per assistere a una sessione d’allenamento a rischio di essere tempestivamente arrestata causa pioggia.
Alcuni tappeti rossi vengono stesi sui lati corti del campo e fanno un po’ da contrasto al blu che è ovunque: i tabelloni sono blu, blu i seggiolini, blu parte della struttura che regge lo stadio, l’insegna del negozio della Polo, i cartelli che indicano dov’è l’area ristoro, gli stendardi ufficiali del torneo. In campo alcuni addetti stanno provando a stendere la bandiera a stelle e strisce in modo da coprirne tutta la superficie; una signora seduta nelle ultime file, con voce sbiascicata, commenta: “the flag should be the Italian one”, la bandiera dovrebbe essere quella italiana. Si attendono gli arrivi del premier Matteo Renzi e di Giovanni Malagò, presidente del Comitato Olimpico. Sul campo, le sedie da regista hollywoodiano su cui riprenderanno fiato le due atlete tra un game e l’altro sono divise dal trespolo dell’arbitro, che ha un tettuccio antipioggia sponsorizzato da Time Warner.
E’ il momento dell’inno, ma Ciara (cantante, produttrice, modella e attrice americana) canta un’altra cosa che parla di terre d’America e trasmette un profondo senso di nazione. Sono tutti in piedi: in poco più di un quarto d’ora lo stadio si è riempito a dovere, ed è arrivato anche Renzi, che siede in un box tra il primo e il secondo anello. Sembrano curiosi e concentrati. Dagli altoparlanti dello stadio adesso trasmettono un tormentone estivo di Jovanotti. Ed eccole lì, la Vinci e la Pennetta, che accompagnate da una pioggia d’applausi fanno il loro ingresso in campo. Sono visibilmente emozionate e si ha quasi l'impressione che avrebbero entrambe preferito trovarsi davanti un avversario più forte piuttosto che sfidarsi l’una con l’altra. Vedendo come si trattano prima e durante gli scambi di riscaldamento, sembrano quasi due sorelle.
Roberta parte meglio: la Pennetta lancia qualche palla fuori misura. Emozione ed equilibrio la fanno da padroni. Ogni bella giocata della Vinci è accompagnata da applausi, gli stessi che nella partita di venerdì contro la Williams avrebbe tanto desiderato. Dopo aver sconfitto Serena ha tutto il rispetto e il supporto del pubblico statunitense, visibilmente deluso ma capace di riconoscere la grandezza dell’avversario. Risponde ai colpi di Flavia con un meraviglioso rovescio tagliato. Ma con il passare dei minuti la Pennetta sembra aggiustare il tiro, e adesso è come se volesse dire: so di essere la più forte. Tra coloro che applaudono ci sono Robert Redford e Michael Douglas, Dwyane Wade e Catherine Zeta Jones. C’è anche Fabio Fognini, fidanzato di Flavia, che la scorsa settimana ha eliminato Nadal in una partita dai caratteri epici.
Il primo set lo vince 7 a 6 la Pennetta al tie break; sul campo si accendono i riflettori della sera. Le due atlete continuano a commettere tanti errori; la partita è molto tesa e molto morbida allo stesso tempo. Nel secondo set, Flavia parte forte e dopo 4 game a 0 si ha la netta sensazione che tutto possa finire nel giro di venti minuti. Ce ne vorrà qualcuno in più perché Roberta recupera e vince due game di fila, ma è lei, Flavia, a portarsi a casa il titolo di prima tennista italiana a trionfare agli US Open. L’abbraccio di fine partita con la Vinci è uno di quelli lunghi e commoventi: entrambe sembrano dire che comunque sia andata va bene così, amica mia. Mentre alcuni addetti montano l’attrezzatura per la premiazione, le due atlete si siedono vicine (cioè decidono di non farsi dividere dal trespolo), si abbracciano e scherzano un po’. Un branco di fotografi si schiera davanti al trofeo e aspetta che la vincitrice passi di lì, mentre Blue degli Eiffel 65 si diffonde per tutto lo stadio.
Tra il pubblico è forte la sensazione di aver assistito a una cosa bella, e tutti applaudono in piedi sconfitta e vincitrice. Quando la Vinci prende il microfono per ringraziare, la reazione della gente pare volerle trasmettere l’idea: sei stata una grande. Lei dice: ci vediamo l’anno prossimo. Il microfono passa alla Pennetta, che dopo aver ringraziato annuncia a sorpresa il suo ritiro dal tennis professionistico: un’onda di emozione (un'emozione da ultima volta) si diffonde per tutto lo stadio. Renzi e Malagò sono in piedi e sono dieci minuti che applaudono. Sul campo vengono messi fiori bianchi e fiori rossi, e l’Estate Addosso di Jovanotti trasmette un po’ la sensazione da ultima sera delle vacanze al mare. Flavia alza il trofeo, se lo tiene stretto; Fognini, stravaccato sulla sedia, viene inquadrato mentre riprende la premiazione con il cellulare. Poi le luci iniziano a sbiadire, e la gente s’incammina a gruppi fuori dallo stadio.
In quel momento comincia a piovere; una pioggia quasi orizzontale cade a un’intensità che è la stessa della gara. Nonostante il temporale, adesso il cielo è azzurro sopra New York.














Concetta Intiglietta, madre di Flavia Pennetta







Oronzo Pennetta, padre di Flavia


