Devono (!) entrare nell'aula

Mamme al primo giorno di scuola

Mamme al primo giorno di scuola
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Soggetto uno: stringe forte a se uno zaino rosa e glitterato di Violetta. Soggetto due: le trema il labbro e non sa se varcherà col volto asciutto la soglia della scuola (e: no, non ce l'ha fatta, ndr). Soggetto tre: si guarda intorno sperduta perché non conosce nessuno e crede che da un momento all'altro il terreno le si aprirà sotto i piedi divorandola tra fiamme infernali. Tutto regolare il primo giorno di scuola, si sarà pensato ieri – e si pensa ogni anno -, 14 settembre, ai blocchi di partenza in pressoché tutte le scuole d'Italia. Ma non stiamo parlando di: Giulia, 6 anni, e dei compagni coetanei Matteo, Lorenzo, Beatrice, etc. Bensì di: Lucia, 48 anni, medico; Marisa, 39, cassiera; Paola, 41, parrucchiera, e via dicendo. Sono adulte, sono tra noi: sono MAMME-di-chi-affronta-il-primo-giorno-di-scuola.

Se pare troppo parlare di “registrazione di una tendenza” su scala nazional-mondiale, sembra almeno constatabile a qualsiasi occhio umano abbia assistito ad un qualsivoglia primo giorno di scuola negli ultimi, diciamo, dieci anni (da genitore, nonno, zio, semplice passante) uno sbilanciamento emotivo a favore delle madri in preda al panico e/o a copiose lacrime (instagrammate, facebookate, twitterate che nemmeno il balletto di Obama e Michelle a fine cerimonia del di lui insediamento). Ai figli restano “solo” un pallido disorientamento e la riduzione a opachi comprimari di un film che avrebbe dovuto catapultarli sul palco per stringere tra le mani l'Oscar come “migliori attori protagonisti”.

“Perché?” e “Che conseguenza (se ce ne sarà una) potrebbe ripercuotersi sui bimbi?” sono le uniche domande interessanti che affiorano a galla sul mare di considerazioni istintive più o meno ironiche a riguardo. Domande poste, ad ogni modo, con benevolo occhio nei riguardi di queste mamme: hanno tutto il diritto di esprimersi come vogliono in un giorno senz'altro importante e unico per loro e per i propri figli. Ciò non di meno esse suscitano interesse alla luce di un paragone con le nostre (leggi: di noi che ora abbiamo i figli a scuola) mamme.

 

bambino-iperattivo-sospeso-perche-manca-il-sostegno

 

Una volta le madri  accompagnavano i figli al primo giorno di scuola con un misto di orgoglio e sguardo indagatore all'ambiente e ai volti cui consegnavano la progenie. Dopo (l'allora) breve momento di commiato, si giravano sui tacchi e sparivano oltre la porta come a levarsi di torno da un ambiente non proprio, non più, e tornavano a occuparsi delle proprie occupazioni, supportate dall'intima e insieme collettiva certezza che si era fatto il proprio dovere, cioè si era messo ogni pezzo al suo posto.

Forse il punto, anzi, i punti con quelle mamme sono molteplici e farebbero impallidire i pur geniali sceneggiatori del presto al cinema Inside Out della Pixar, film incentrato sulle emozioni che si muovono, letteralmente, nel cervello di una ragazzina.

Ad esempio, un punto è che si stanno (senza volerlo o almeno senz'altro senza intenzionalmente voler far con questo del male a chicchessia, tanto meno ai bimbi) appropriando di un momento non loro. Lo fanno non perché lo desiderino: se uno ha molta fame e gli vien tesa una bella fetta di torta è contento, ride e inizia a mangiare. Nessuna manifestazione di gioia, invece, compare sul volto di queste donne. L'ansia e l'angoscia le pervadono, ecco cosa. Si direbbe, quindi, che più che volerlo sentano di doverlo fare; di doversi sobbarcare una fatica, quella di affrontare il primo giorno di scuola, che non credono i loro figli possano riuscire a sopportare. (Segnatevi sul blocchetto da wannabe-psicologi della famiglia dell'ultim'ora: “a) mamme di oggi: iper-protettive, ma anche non hanno fiducia nei propri figli?”: alla fine tiriamo tutti insieme una riga e teniamoci tutti la mano mentre abbiamo paura nel guardare il ritratto che ne verrà fuori).

Inoltre: dove credono di portare queste creature, al patibolo? Hanno avuto TUTTE esperienze talmente drammatiche alle altrimenti dette scuole elementari (ce ne sono anche state, per carità) da dover dare per scontato che i figli altro non avranno dai successivi cinque anni delle loro vite che pianti e stridore di denti? A chi pensano di affidarli? A Severus Piton? (“b) mamme di oggi: no fiducia nelle istituzioni; presunzione che meglio di mammà non c'è nessuno?”).

Infine: la madre diversamente emotiva, non vuole solo commuoversi e partecipare: vuole spasmodicamente entrare nell'aula in quei primi cinque, rituali minuti in cui gli insegnanti li lasciano entrare coi figli il primo giorno del primo anno, a tagliare per l'ennesima volta il cordone ombelicale. Vuole vedere coi suoi occhi dove sarà seduto il bambino, vicino a quale finestra, con quale angolazione la luce che entrerà da quella finestra fenderà i suoi occhietti, vuole registrare mentalmente ogni singola immagine/scritta affissa sulle pareti della classe (A come Ape; B come Bruco; C come Cane...). Vuole immedesimasi. Vuole (ri)farla lei, la prima elementare (“prima primaria” sta male, su). (“c) mamme di oggi: è in atto una regressione? L'adulta vuole tornare bambina?”).

Ora, non so a voi, ma a me su quel blocchetto è venuto come risultato l'immagine della madre di questo video degli Elio e le Storie Tese: mamme che tengono (=stritolano) la mano del bambino, che danno le merendine sbagliate al bambino riempiendolo di metanfetamine, che lo vestono da pinguino, che gli comprano il diario meno cool della classe, che confondono “bullo” con “bello”. Insomma, una madre che meglio re-impari un po' a fare il genitore, e che, sì, torni su degli immaginari banchi.

A conti fatti, non c'è nulla di male a tornarci se quel che il genitore va a imparare, cogliendo l'opportunità di un figlio che a scuola ci va veramente, è... fare il genitore. Su cosa questo significhi, Elio e le Storie Tese devono ancora pubblicare un intero album.

 

 

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