Che cosa ha detto Bashar al Assad

«Se l’Europa è tanto preoccupata dalle sorti dei profughi, la smetta di sostenere il terrorismo». A dirlo è il presidente siriano Bashar Al Assad, contro il quale da quattro anni e mezzo i ribelli siriani stanno combattendo, sostenuti pure da Stati Uniti ed Europa. Un conflitto che ha preso la piega della guerra civile e in cui si è inserito l’Isis, esploso un anno e mezzo fa e ora intenzionato a conquistare Damasco. Dopo anni di silenzio, Assad ha concesso una lunga intervista a vari media russi. Partendo dal presupposto che se ne andrà solo quando lo vorrà il suo popolo, Assad nella conversazione con i giornalisti spazia a tutto campo, e affronta temi come le responsabilità dell’occidente, il fronte al Nusra e l’Isis, la cooperazione con l’Iran e quella con la Russia.
Rifugiati creati anche dalla politica occidentale. E naturalmente il problema dei rifugiati, che secondo il presidente siriano è favorito dalla politica occidentale, la quale per anni ha combattuto il suo governo consentendo l’affermazione dell’islamismo. L’analisi di Assad sul problema dei profughi in fuga dalla Siria poggia le basi sul fatto che queste persone non scappano dal suo regime, come invece sostiene l’Occidente, bensì dalla furia dei terroristi del sedicente Stato Islamico: «Da un lato», dice Assad, «i Paesi occidentali con un occhio piangono i rifugiati, con l’altro gli puntano la pistola. In condizioni di terrore e distruzione delle infrastrutture, non si possono soddisfare le esigenze più elementari. Come risultato, le persone in fuga dal terrorismo cercano l’opportunità di guadagnarsi da vivere in altre parti del mondo. Pertanto, l’Occidente si addolora per i rifugiati sostenendo i terroristi dall’inizio della crisi». E se l’Occidente continuerà a ritenere Assad il cuore del problema i rifugiati aumenteranno sempre di più.
Il disinteresse della comunità internazionale. Che si tratti di propaganda di regime o no, quella di Assad ai giornalisti russi è una intervista che mette in luce precise responsabilità da parte di una comunità internazionale che negli ultimi anni non si è mai interessata seriamente della guerra civile siriana, lasciando che la questione venisse risolta internamente. Uno scenario che si è trasformato in terreno fertile per gli jihadisti, e i cui risultati oggi sono sotto gli occhi di tutti. Certo, non è stato d'aiuto il regime di Assad, la sua repressione e la sua dura reazione nei confronti dei ribelli moderati che nel 2011 diedero vita alle prime proteste (e i primi profughi di guerra sono stati creati proprio da questa situazione). Ma negli anni le cose sono cambiate e i ribelli moderati si sono macchiati di crimini efferati, e oggi le ramificazioni dell’Isis e di Al Qaeda stano flagellando ancor di più una società stremata.
Pronto a collaborare. Oggi Assad si dice pronto a collaborare con l’Occidente per fermare i terroristi ma a un patto: «Paesi come Turchia, Qatar e Arabia Saudita, così come Francia, Stati Uniti e altri Stati occidentali che sostengono il terrorismo, non possono combattere il terrorismo da soli. Non ci si può opporre ai terroristi e stare allo stesso tempo dalla loro parte».
Ecco di seguito alcune delle risposte più importanti dell'intervista
«...Dall’inizio della crisi siamo stati in favore di un dialogo. Ci sono stati diversi cicli di colloqui per la Siria, Mosca e Ginevra. In realtà, l’unico ciclo di negoziati in cui abbiamo avuto successo è stato nel secondo incontro di Mosca. Non a Ginevra, o la prima a Mosca. Allo stesso tempo, questa fase era incompleta. E questo è naturale, perché la crisi è di grandi dimensioni. Incapace di trovare una soluzione in poche ore o giorni. Tuttavia, si tratta di un passo in avanti e siamo in attesa di un terzo round di colloqui a Mosca. Credo che in contemporanea con la lotta al terrorismo debba continuare il dialogo tra i partiti e gruppi politici siriani per raggiungere un consenso sul futuro del nostro Paese. Dobbiamo continuare a muoverci in questa direzione. (...) Considerando la diffusione del terrorismo in Siria, in Iraq e nella regione nel suo complesso, come ho detto, dobbiamo continuare il dialogo al fine di raggiungere un consenso. Tuttavia, anche se ci riusciamo, non sarà possibile, mentre la gente muore, mentre lo spargimento di sangue continua e mentre la gente non si sente completamente al sicuro e fuori pericolo. Supponiamo che siamo stati in grado di negoziare con i partiti e le forze politiche su temi politici ed economici, la scienza, la salute o qualsiasi altra cosa. Ma come possiamo implementare questi accordi, se la priorità per ogni cittadino siriano è la sicurezza? Siamo in grado di raggiungere un consenso, ma non possiamo attuare qualcosa fino a che non sconfiggeremo il terrorismo in Siria. Dobbiamo sconfiggere il terrorismo e non solo quello dell’Isis. Sto parlando di terrorismo, perché ci sono molte organizzazioni, soprattutto l’Isis e al Nusra che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato terroriste».
«Al momento non vi è alcuna iniziativa specifica dall’Iran. Tuttavia, ci sono idee preliminari e principi relativi a tale idee, che si basano sul principio della sovranità della Siria e, naturalmente, la decisione del popolo siriano e la lotta contro il terrorismo. Naturalmente i rapporti tra Siria e Iran hanno una lunga storia e hanno più di 35 anni. Siamo uniti da un rapporto di alleanza e una fiducia reciproca. Riteniamo pertanto che l’Iran giochi un ruolo importante. La Siria difende l’Iran e il suo popolo. Questo Paese supporta lo stato siriano nella politica, nell’economia e militarmente. Quando si parla di sostegno militare non è quello che sta cercando di vendere alcuni media occidentali come l’invio in Siria di gruppi militari iraniani: si tratta di una menzogna. Teheran ci fornisce equipaggiamenti militari. Naturalmente, manteniamo uno scambio di specialisti militari provenienti da Siria e Iran, ma questo scambio è sempre esistito. Naturalmente, questo tipo di cooperazione bilaterale si intensifica in condizioni di guerra. Sì, l’aiuto di Teheran è un fattore chiave per la forza della Siria di fronte a questa difficile guerra barbara».
«Il terrorismo deve essere eliminato ovunque. Più di tre decenni sollecitano la creazione di un’alleanza internazionale per combattere il terrorismo. Per quanto riguarda la cooperazione occidentale con al Nusra, questo è un fatto concreto. Sappiamo tutti che sia con il Fronte Nusra e che con l’Isis la Turchia che ha stretti rapporti, ha armi, denaro e volontari. Sia il Presidente Recep Erdogan e il primo ministro Ahmed Davutoglu non fanno nemmeno un passo senza prima coordinarsi con gli Stati Uniti e altri paesi occidentali. Sia il Fronte al Nusra e che lo Stato Islamico devono il loro potere crescente nella regione alla protezione dell’occidente che considera il terrorismo come un jolly periodicamente preso dalla manica e pronto per l’uso. Oggi vogliono usare il Fronte al Nusra contro lo Stato islamico. Può essere perché, in una certa misura, lo Stato islamico è fuori controllo. Tuttavia, questo non significa che essi vogliono liquidare lo Stato islamico. Se avessero voluto, lo avrebbero già fatto. Per noi, lo Stato islamico, il Fronte Nusra e altri gruppi armati che uccidono i civili sono estremisti. Con chi si può parlare? È una questione della massima importanza. Fin dall’inizio abbiamo detto che siamo pronti per qualsiasi dialogo se questo può ridurre la minaccia terroristica, e quindi portare ad una maggiore stabilità. Naturalmente, con questo intendo le forze politiche. Abbiamo anche parlato con alcuni gruppi armati e abbiamo raggiunto gli accordi, con la quale la pace è stata stabilita in alcune aree problematiche. In altre occasioni i paramilitari sono stati aggiunti all’esercito siriano. Ora combattono come gli altri e sacrificano la loro vita per il bene della patria. Questo è il dialogo con tutti, tranne coloro che ho già detto (lo Stato islamico, il Fronte al Nusra e gruppi simili) per una semplice ragione. Queste organizzazioni si basano su l’ideologia del terrore. Esse non sono semplicemente le organizzazioni che si ribellarono contro lo Stato come altre. No! Si nutrono di idee terroristiche. Quindi, il dialogo con loro non porterebbe a risultati reali. Non si può che combatterli e sterminarli. Non ci può essere dialogo con loro».
«Sarete sorpresi, ma la risposta è no (non ci sono coordinamenti tra governo siriano e coalizione che si batte contro l'Isis, ndr). Capisco che non suona convincente; combattiamo, se così si può dire, contro un nemico comune. Attacchiamo gli stessi obiettivi e gli stessi luoghi, senza alcun coordinamento, e non ci siamo imbattuti in uno con l’altro. Può sembrare strano, ma è vero. Tra il governo, l’esercito siriano e gli Stati Uniti non vi è alcun coordinamento o contatto. E perché non vogliono ammettere o accettare il fatto che siamo l’unica forza che lotta contro lo Stato Islamico a terra. Dal loro punto di vista, forse, la cooperazione con l’esercito siriano avrebbe ammesso la nostra efficacia nell’affrontare l'Isis. Purtroppo, questo atteggiamento riflette la miopia e l’ostinazione del governo degli Stati Uniti».