Vi ricordate "Meno male che Silvio c'è"?

Mini guida agli inni dei partiti Viaggio in un'inascoltabile playlist

Mini guida agli inni dei partiti Viaggio in un'inascoltabile playlist
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Le colpe della politica italiana sono tante, ma una vola sopra tutte le altre: quella di aver piegato alle proprie volontà anche la musica, dando vita a una tra le playlist più brutte di tutti i tempi. Stiamo parlando di quella composta da tutti gli inni dei partiti italiani. Pare, infatti, che non ci sia partito che non voglia vantarsi di poter aprire una convention o un meeting con una canzone tutta sua, appositamente scritta e musicata sulla base degli ideali (sempre puri, s’intende) politici della compagine in questione.

Gli ultimi ad aver dato questo dispiacere alle nostre povere orecchie son stati quei bricconi del Movimento 5 Stelle, che pur essendo gli ultimi arrivati nell’arena della politica nostrana sono anche tra i più canterini. L’ultimo si intitola Lo facciamo solo noi. “Cosa?”, vi starete giustamente chiedendo. Per scoprirlo basta ascoltare le note e le parole di Simone Pennino e Andrea Tosatto, autori del pezzo ideato in vista della prossima reunion a cinque stelle, prevista a Imola per il 17 e 18 ottobre. I due hanno pensato bene di musicare il programma elettorale dei pentastellati. Vi mettiamo l’audio, a vostro rischio e pericolo. Vi diciamo solo che chiude con un’agghiacciante rima baciata: «Accidenti a ‘ste marionette, fan più danni delle sigarette».

https://youtu.be/NzFuZ6Oj158

 

Gli stessi burloni, non appena entrati nella loro politica 2.0, avevano deciso di presentarsi con un inno tutto loro, che avrebbe dovuto metterci in guardia sul peso che sarebbero riusciti ad avere in Parlamento: Ognuno vale uno.

 

La cosa migliore uscita dalla grancassa pentastellata, alla fin dei conti, si intitola Non sono partito, che in realtà non sarebbe proprio un inno, visto che è la canzone (di appena un minuto e mezzo) scritta e cantata dal rapper Fedez in occasione dell’ultima reunion al Circo Massimo di Roma. Ma almeno è qualcosa di accettabile.

 

Il Partito Democratico però, nella sua breve storia, ha fatto anche di più del M5S: non solo si è affidato a cantanti di professione, ma per sicurezza ha spesso deciso di appropriarsi direttamente delle loro canzoni. È successo con Canzone popolare di Ivano Fossati, scelta da Prodi al tempo della sua parentesi governativa nel 2006 e poi sostituita da Mi fido di te di Jovanotti, opzionata invece da Walter Veltroni, che aveva deciso di strizzare l’occhio ai “ggiovvani” con una canzone “ggiovvane”. Pierluigi Bersani, nella campagna elettorale del 2013, scelse Inno di Gianna Nannini, per motivi assolutamente oscuri, visto che il testo non trattava neppure uno dei temi tanto cari allo smacchiatore di giaguari emiliano.

 

In realtà, però, un inno come lo intendiamo tutti, il Pd ce l’aveva. Si intitolava I’m Pd, scritto e musicato dai ragazzi del circolo milanese 02PD, dove una di quelle sere si deve aver esagerato un po’ con le birre. Era il 2008 e i Dem stavano correndo per Palazzo Chigi: il solo ipotizzare che quello potesse realmente essere il loro inno fece perdere al Pd svariate migliaia di voti.

https://youtu.be/c05B8xWCNOQ

 

Fatto sta che le elezioni del 2008 furono vinte da Forza Italia, ovvero Silvio Berlusconi, ovvero uno dei politici italiani storicamente più affezionati agli inni. Come dimenticarsi E Forza Italia? È, senza alcun dubbio, l’inno politico meglio riuscito di sempre. Scritto dallo stesso Cavaliere nel lontano 1993, è risuonato in ogni convegno azzurro fino al 2009, quando nacque il Popolo della Libertà. Ora è tornato a risuonare e a farci commuovere.

 

Come scrive Chiara Galeazzi su Noisey, il mistero del successo dell’inno azzurro risiede nel fatto di essere «una canzone da messa. Vorrei che ricordaste l'ultima volta che siete stati a messa: a meno che non abbiate frequentato una di quelle chiese progressiste con i giovani con le chitarre e le canzoni in inglese, solitamente i canti sono eseguiti con organo e voce di un gruppo di persone poco eterogeneo, diretto da una suora con una voce spaccavetri che fa solo i brani da solista». Perfetto riassunto di E Forza Italia. Ma se si parla di Silvio Berlusconi non si può dimenticare quel kitschissimo Meno male che Silvio c’è. Peccato ci fosse la canzone, più che altro.

 

Chiuso (per allora) il tempo di Forza Italia, venne quello del Popolo delle Libertà e, purtroppo, anche quello di Gente della Libertà, la canzone dedicata a tutto il nuovo popolo azzurro. Mai inno fu più adatto: il suo successo fu pari a quello del partito, una fugace apparizione e adios.

 

Alberto Di Majo, su Il Tempo, ricorda invece l’inascoltabile Pace e libertà, cantata da Luca Sardella e la sua inseparabile coppola (c’era anche il suo pollice verde, sì) per l’Udc.

https://youtu.be/J6FPjL-gPAY

 

E come dimenticarsi l’Udeur? In effetti ce lo siamo dimenticati in tanti, ma risentire le note del loro Udeur verrà un brivido percorre le nostre schiene. Anche perché, volente o nolente, quando fu reso noto se ne parlò per giorni e giorni: Mastella venne infatti accusato di aver copiato Bambina impertinente di Carmen Consoli per dare vita all’inno dei suoi.

 

Pare incredibile ma un inno tutto suo (anche perché il suo partito, francamente, non sappiamo da chi altri fosse composto) ce l'aveva pure Magdi Cristiano Allam. S'intitolava Io amo l'Italia. Bene, grazie per avercelo fatto sapere.

 

Sul patriottismo hanno invece puntato prima Alleanza Nazionale con la loro Libertà...

 

... e La Destra poi, con una canzone dal titolo inatteso e, dobbiamo dirlo, azzeccatissimo: La Destra.

 

Chiudiamo questa playlist degli orrori con gli immancabili leghisti. Ebbene sì, anche i duri e puri del “ce l’abbiamo duro” hanno voluto un inno tutto loro ed è un inno che richiama un mondo utopistico, fatto di lavoratori, di gente per bene, alpini, Nabucco e, soprattutto, da Roma e i loro servi. È la Padania, terra a cui è dedicata la toccante Padania guarda avanti!

https://youtu.be/TDDBfV2-YBQ

 

Insomma, un inno non si nega a nessuno. Eppure un nome manca a questa lunga lista: è quello di Matteo Renzi, che per il suo Pd 2.0 non ha scelto nessun inno. E noi non possiamo che essergliene grati.

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