La sua storia in un libro

Il fratello buono di Al Capone

Il fratello buono di Al Capone
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I ragazzi, quanti grattacapi! Può darsi che abbia utilizzato un approccio diverso o diverse fossero le scuole a cui ha iscritto i bambini, ma i figli della signora Capone hanno fatto scelte di vita davvero opposte, per quanto in fondo, a pensarci bene, erano destinati un po’ tutti ad avere a che fare con la giustizia. La storia del primogenito della famiglia Capone, James Vincenzo è quasi sconosciuta. Forse perché fuggì da "Broccolino" a sedici anni, quando cambiò il suo nome in Hart, che era quello del suo attore preferito, William Surrey Hart. A lui si ispirò anche in fatto di abbigliamento: cappello Stetson western, stivali country, cinturone con due Colt calibro 45, si spacciava per un vero cowboy. E fu per via di queste armi che sapeva usare in modo sensazionale, che venne chiamato Two Gun Hart, Hart Due Pistole.

 

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Questa vicenda è senz’altro meno nota di quella degli altri tre fratelli mafiosi, che si arricchirono a Chicago col traffico illegale di alcool negli anni del proibizionismo: Raffaele e Salvatore, e naturalmente Alfonso. Quest’ultimo ha ispirato il capolavoro di Oliver Stone e Brian De Palma Scarface: passato alla storia come Al Capone, è il simbolo stesso del gangsterismo americano. Nel 1930 venne definito dalla stampa «nemico pubblico numero uno», in quella stessa classifica in cui il fratello Ralph si aggiudicò un terzo posto. E Frank avrebbe forse potuto essere il secondo della lista, se non fosse che morì qualche anno prima in uno scontro a fuoco con la polizia.

E Vicenzo, allora? A lui è dedicato un articolo dello scorso Venerdì di Repubblica: la sua storia è riemersa dalla polvere dei cassetti della famiglia Capone, grazie a un editore mantovano, Vittorio Bocchi, che ne ha trascritto la vicenda in La straordinaria storia di Vincenzo James Capone: Two Gun, il fratello di Al Capone, MnM edizioni.

Arrivato in Nebraska lavora in un circo e diventa un tiratore scelto per via del suo grande amore per le pistole. Racconta di essere stato arruolato in guerra nella fanteria francese. Nel 1919 si stabilisce a Homer, nella nazione indiana di Siouxland, nel Missouri. Si presenta come un cowboy dell’Oklahoma e, sempre occultando le propria storia e le sue origini italiane, dice di essere mezzo indiano. Diventa prima sceriffo della città e poi agente federale del proibizionismo, dedito a perseguire quello su cui il fratello Al stava costruendo la sua fama e la sua fortuna: il contrabbando di alcool. Sbirro uno, malvivente l’altro, la storia dei fratelli Capone rappresenta uno di quei casi in cui la realtà supera la finzione.

 

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Mentre Al era inserito nella lista dei criminali più pericolosi del FBI, Hart si costruiva una fama per la sua abilità negli arresti: il suo metodo consisteva nel recarsi in incognito nelle località in cui intendeva stanare i contrabbandieri. Distillatori e commercianti clandestini di alcool impararono a temere l’uomo il cui nome era, secondo la stampa, «sufficiente a terrorizzare i criminali». Grazie ai suoi meriti, viene arruolato dallo U.S. Indian Service per tenere l’alcool fuori dalle riserve indiane. In quegli anni, fra le tribù Sioux e Cayenne, conobbe a fondo la cultura dei nativi americani. È poco tempo dopo che, però, la sua parabola giunge a compimento. Comincia col diventare un uomo isolato. Poi, un giorno uccide un contrabbandiere indiano, i cui parenti si rifanno su di lui, armati di un tirapugni e perde un occhio. Morirà di infarto a sessant’anni, circondato dalla moglie e dai figli.

Sebbene la vita e le rispettive scelte allontanarono i due fratelli e li tennero distanti per quasi cinquant’anni, i due si incontreranno nel 1946. Al Capone era allora affetto da una demenza derivata dalla sifilide, aveva scontato la sua condanna ad Alcatraz e si trovava a Miami, una città da lui molto amata, che chiamava il “giardino d’America”. Two-Gun Hart vi si recò non più giovane, dimenticato, mezzo cieco e completamente al verde. Sarà stato un momento di riappacificazione, trascorso a riavvolgere i nastri delle proprie esistenze? Bè, male non deve essere andata. Il cuore del temibile Scarface Al doveva essersi intenerito per la malattia, la vecchiaia e la nostalgia, perché il buon vecchio Hart tornò dalla moglie in Nebraska con un abito nuovo e una mazzetta di bigliettoni da cento.

 

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