Il Papa è impazzito e malato? Lo dicevano già di un altro
Adesso vorrebbero farci credere che papa Francesco non sia del tutto in testa. Che ha un tumorino nel cervello. Ma siamo vaccinati: la stessa insolenza riservarono già ad altro, di cui il nostro Francesco è vicario.
Marco, capitolo 3, dal versetto 20 in poi. Scelti i dodici che sarebbero andati a predicare la buona notizia e stabilite le regole d’ingaggio, dice il testo che tutti andarono a casa, si presume, di Pietro. E lì ecco di nuovo la calca davanti all’uscio, tanta che non riuscivano nemmeno a mangiare in pace. E quando sui (i suoi, i parenti, gli amici, i recenti incaricati) sentirono che lui (Gesù il Nazareno) era lì in mezzo, uscirono di casa per brancarlo (tenere eum; κρατῆσαι; “prenderlo di forza”). Dicevano infatti: “È ammattito”. (In furorem versus est). E gli ispettori venuti da Gerusalemme dicevano: “c’ha un diavolo dentro” (Beelzebub habet). Il testo greco ha, per In furorem versus est, un verbo (ἐξέστη), che significa: “(an)dar fuori”. Mettendo insieme latino e greco si ottiene “el ga dà föra de matt”.
In altra occasione, il Vangelo di Giovanni (10, 19) usa un verbo ancor più pertinente, tipico del linguaggio clinico: μαίνεται (è impazzito). E, ovviamente, ha un demonio. Gesù aveva appena parlato delle pecore e del pastore buono (che era lui) e una parte del pubblico aveva espresso questa considerazione per evitare che l’altra si facesse prendere troppo dall’entusiasmo.
Il racconto di Marco ha un seguito interessante, perché dice che ad un certo punto - dato che Gesù sembrava preferire la ressa - sua madre e i familiari più stretti lo mandarono a chiamare. Ma quando la voce lo raggiunse “Egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su coloro che gli sedevano intorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chiunque avrà fatto la volontà di Dio, mi è fratello, sorella e madre»”. C’era da capirlo: prima si dicono l’un l’altro che è ammattito e poi vorrebbero che tornasse in casa per finire la cena? Bene ha fatto a dire: io sto con chi mi riconosce e con nessun altro.
Emmanuel Carrère, nel recente romanzo Il Regno, afferma che il Gesù di Marco - che ha tradotto insieme ad altri - è forse il più vicino di tutti alla realtà, soprattutto per quel che attiene al suo linguaggio molto diretto, rapido, senza sbavature.
Quando venerdì mattina in Santa Marta papa Francesco ha detto che «i cristiani devono cambiare» - restando, ovviamente, fedeli a Gesù Cristo - si è diffuso il sospetto che al momento di concludere il sinodo alcuni saranno tentati di pensare quel che già pensarono dell’altro personaggio. Son cose che capitano. Servono solo, come dice il Vangelo, a svelare i segreti dei cuori.
A noi, invece, questa cosa che i cristiani debbono cambiare ci pare molto, molto interessante. Vedremo.