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Ma quale carne, signori dell'Oms?

Ma quale carne, signori dell'Oms?
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La questione sembra grave. Tra qualche giorno anche sulle confezioni di carne ammiccante sui banchi frigo dei supermercati apparirà la scritta «Chi la mangia avvelena anche te: passa alla rucola!», oppure: «La carne uccide» e sotto «lo sanno bene i bovini» con tanto di cranio di una chianina su sfondo nero con le tibie incrociate.

Sui manifesti stradali a cura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sotto la foto di una distesa di cadaveri nudi rubata da un video dell’Isis la scritta: «Avevano mangiato filetto in crosta» sarà sfregiata dalla mano beffarda di chi intende annunciare: «E chissenefrega, m’hanno dato sei mesi di vita: c’ho l’AIDS». Oppure: “Ma v’hanno mai portato al Policlinico?», intendendo che di malattie nosocomiali (che si acquisiscono negli ospedali) ne muoiono più che al sabato sera, le cui ore sono del 36,5 percento più pericolose dell’assunzione incontrollata di fettine di vitellone.

La carne, si dice, è come il fumo del sigaro. Cioè una cosa stupenda, verrebbe da pensare. No: cancerosa come il fumo del sigaro. E allora? uno non può decidere di morire come gli pare? o bisogna proprio decidere di morire sani, o guariti, come disse il grande Petrolini a chi gli annunciava poche ore restanti.

La carne. Ma quale carne, signori dell’OMS. Di cosa state parlando? Forse di questa, di castrato, di cui parla il sublime Thomas Pynchon - uno dei Quattro Grandi della letteratura statunitense contemporanea - nel suo colossale Mason & Dixon, storia di due astronomi inglesi perennemente ubriachi (a proposito, sulle bottiglie di Sangiovese sarà obbligatoria la scritta: “C’è chi gli è venuto un fegato d’oca a forza di berlo”) impegnati in varie parti del mondo nelle loro misurazioni stellari e geodetiche.

Il brano che sottoponiamo alla vostra attenzione si trova a pagina 79 dell’edizione in brossura e tratta di una cena che i due affrontano in casa di Cornelius e Johanna Vroom (e delle loro tre figlie) a Città del Capo. Siamo nel XVIII secolo e lo scrittore rifà a caso la grafia tedesca, che usa le maiuscole per i sostantivi. Harold Bloom, uno dei massimi critici americani ha scritto: «Pynchon è tremendamente inventivo e splendidamente divertente». Concordiamo pienamente.

Dunque: di che carne stiamo parlando, signori dell’OMS?

«Ancora Castrato per cena, m’han detto», esclama Dixon in voce di gaio Saluto. La Ragazza strilla e corre in Cucina.

[...]

«Vedo che avete scoperto un’altra leccornia del Capo, Mister Dixon», Johanna, sforzantesi di non entrare in alcuno scambio verbale con Mason, mentre suo marito si trova nella stanza. «… i nostri Malesi lo chiamano ketjap».

«Ragazze, è mio volere che non lo guardiate nemmeno. Disgustosa robaglia degli Asiatici», ordina Cornelius dietro aromatiche nubi di fumo-di-pipa. «Anche se» (puff) «qualcosa si dovrà fare» (puff) «per palliare il gusto di questo cibo». Un’altra Emissione vulcanica mentr’egli attacca cupo la sua fetta serale di castrato in grasso-di-coda. Nel corso della vita del suo compianto possessore (il povero castrato, ndr) la Coda non era solo diventata più massiccia e adiposa, ma anche - permeata da anni di sempre ventante Flatulenza ovina - è giunta a fregiarsi d’un Gusto peculiare, forse apprezzato dai cognoscenti in qualche dove, benché qual dove non può essere prestamente immaginato.

Frattanto Dixon sta lottando con l’autentico Intruglio Cinese, o piuttosto con la sua snella Bottiglia, dal lungo collo della quale egli scopre d’avere difficoltà a far fuoruscire la roba.

Non ce l’abbiamo con l’OMS. È solo che questo pezzo (come tanti altri, dello stesso libro) ci piace tantissimo. E speriamo che nessuno salti su a dirci che non è vegano al punto giusto.

 

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