Contro lo stress? Un dolcetto
Ogni tanto un peccato di gola è concesso, quello buono, zuccheroso, che solo a pensarci fa venire l’acquolina in bocca, riempiendo il palato di gusto e la mente di piacere. E che, quando serve, sa pure consolare. Proprio così, perché secondo uno studio americano, condotto dall’Università della California di Los Angeles e pubblicato online sulla rivista Appetite, assaporare un biscotto, un pasticcino, un gelato o un quadretto di cioccolato è un antidoto perfetto per combattere lo stress delle giornate più ‘down’ e risollevare così il tono dell’umore.
Bisogna chiederlo soprattutto alle donne. Sembrano infatti loro quelle che, più di ogni altro, si rifugiano in un "dolce" - come cantava Mary Poppins, nell’omonimo film, insegnando che talvolta basta un poco di zucchero - per mandare giù un boccone amaro. Una arrabbiatura giornaliera, una litigata in famiglia, uno stress, una preoccupazione sembrano assumere toni più lievi, accettabili e superabili se osservati dopo avere gustato qualche cosa di dolce. Ma che sia di piccole dimensioni, per non generare un senso di colpa (vale a dire di avere mangiato qualche cosa di grosso e abbondante che poi peserà indiscutibilmente sulla bilancia), rapido da mandare giù, ma che sia appagante al palato, per dare insomma quel senso di gratificazione mancato nel corso della giornata. Il piccolo dolce, infatti, sarebbe in grado di svolgere una funzione consolatoria – non a caso gli inglesi chiamano questi generi di piacere alimentari "confort food" – mettendo una distanza temporanea tra sé e tensioni, noia ed ansia quotidiane.
Lo dimostrerebbe uno studio americano condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università della California di Los Angeles (Stati Uniti) su oltre 2.300 giovani donne, tra i 18 e i 19 anni, interrogate tutte, attraverso un test psicologico, sulle loro modalità di reazione a eventi particolarmente stressanti della vita, ovvero quali fossero le valvole di sfogo previlegiate e adottate per scaricare e superare i vari ordini di preoccupazioni e tensioni. È stato così possibile osservare che il cibo, specie se dolce, non solo rappresenta una delle "soluzioni" a cui le donne ricorrono più di frequente, ma che esso fungerebbe anche da risolleva-umore. Pare infatti che coloro che sceglievano la scappatoia consolatoria di un dolcetto di qualsiasi natura per ammortizzare un colpo subito che pesava sullo stomaco, avevano la capacità di impattarlo e di fare fronte ad esso in maniera migliore. A una condizione però: che le protagoniste della sventura non stessero già attraversando uno stato depressivo o un qualsiasi altro disturbo dell’umore, anche blando ma conclamato, perché in quel caso neppure i dolci riuscivano a sortire alcun effetto né a livello psicologico né emotivo.
Il fenomeno consolatorio del cibo pare facilmente spiegabile e avere una base scientifica. Il potere del buon umore sarebbe già insito in alcune sostanze contenute nei dolci, in particolare nei carboidrati, capaci di interagire in maniera benefica con il sistema nervoso centrale, stabilendo speciali connessioni con i neurotrasmettitori. Non tutti, ma quelli che governano la serotonina, la dopamina e le endorfine, sostanze che aiutano a combattere gli stati emotivi negativi e le tensioni in generale, migliorando quindi il tono dell’umore. Un beneficio che viene ulteriormente potenziato e gratificato dal fatto che, di norma, un cibo dolce apporta piacere anche al palato e allo stomaco di chi lo mangia. Insomma mente e corpo viaggerebbero così all’unisono, sentendosi insieme coccolati da un po’ di zucchero, fonte di nuova energia.
Sì al dolce, ma con moderazione e qualche avvertenza. Perché il rischio, alla fine, potrebbe essere quello di pensare che il dolce possa essere "la soluzione" allo stress. (Purtroppo) non è così, infatti gli esperti fanno sapere che l’antidoto dolce e consolatorio funziona solo se ad esso si ricorre una tantum, dunque non deve diventare una abitudine, perché se ciò accadesse la richiesta di alimenti dolci potrebbe alla lunga trasformarsi in un gesto compulsivo con tutte le implicazione correlate. Tra queste, oltre agli aspetti psicologici, spiccano probleami di ordine alimentare, perché in genere i cibi gratificanti sono quelli ipercalorici, cioè ad alto contenuto o di zuccheri o di grassi, i quali solo se mangiati saltuariamente o in un contesto di stile di vita, in particolar modo una dieta bilanciata e regolare attività fisica, non incidono sul benessere dell’organismo e sull’aumento del peso.