«Cessi ogni azione di violenza Solo la pace è in nome di Dio»
Era l’appuntamento più atteso del viaggio africano del Papa. La visita alla moschea di Bangui, la capitale della Repubblica Centroafricana, che si trova nel quartiere Km5, quello controllato dai musulmani e che negli ultimi mesi è stato teatro di numerosi episodi di violenza. Anche domenica era arrivata la notizia dei due cristiani uccisi alla parrocchia della Madonna di Fatima di Bangui, retta dai padri comboniani, che si trova proprio nel quartiere Km5. Il Papa, quando aveva saputo la notizia, aveva addirittura chiesto se era possibile andarci, ma è stato ovviamente sconsigliato.
L’incontro con l’imam. Al Km5 è arrivato oggi e ad attenderlo ha trovato l’imam Tidiani Moussa Naibi: anche lui vestito di bianco. È stato un momento di grande amicizia che ha messo in risalto come le violenze che hanno segnato Bangui, la capitale della Repubblica Centroafricana, non abbiano a che fare con le appartenenze religiose.
(L'Osservatore Romano/Pool Photo via AP)
(AP Photo/Andrew Medichini)
(Giuseppe Cacace/Pool photo via AP)
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Un versetto del Corano in dono. Il momento più significativo della visita è quello avvenuto alla conclusione. Il gruppo di iman infatti ha consegnato a Francesco un regalo particolare. Una tavoletta con inciso un versetto del Corano. E una dedica: «Se tu trovi certe persone più disponibili ad amare, sono quelli che si dicono cristiani». Un attestato di amicizia vera e profonda.
Le parole (di pace e speranza) del Papa. Anche il Papa nel suo discorso ha voluto tralasciare ogni accento alle gravi tensioni che hanno insanguinato il Paese e ha preferito valorizzare le dinamiche positive di collaborazione e di incontro: questo è del resto da sempre il metodo di Francesco. «Dobbiamo dunque rimanere uniti perché cessi ogni azione che, da una parte e dall’altra, sfigura il Volto di Dio e ha in fondo lo scopo di difendere con ogni mezzo interessi particolari, a scapito del bene comune. Insieme, diciamo no all’odio, no alla vendetta, no alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, salam!».
(AP Photo/Jerome Delay)
(AP Photo/Andrew Medichini)
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Poi ha voluto ricordare i «tanti gesti di solidarietà che cristiani e musulmani hanno avuto nei riguardi di loro compatrioti di un’altra confessione religiosa, accogliendoli e difendendoli nel corso di questa ultima crisi, nel vostro Paese, ma anche in altre parti del mondo». Insomma, una visita significativa e costruttiva, nell’augurio che il Paese possa diventare «una casa accogliente per tutti suoi figli, senza distinzione di etnia, di appartenenza politica o di confessione religiosa».
Il papa non forza il dialogo sul piano teologico o culturale. Preferisce che prima maturi sul terreno di realtà, della vita di ogni giorno, come accede nella scuola visitata appena fuori dalla moschea, dove bambini cristiani e musulmani studiano allo stesso banco e insieme hanno festeggiato l’arrivo fuori copione del Papa.
A chi invece pensa che i conflitti siano uno scontro religioso il Papa ha risposto poco dopo, nel discorso tenuto allo stadio, davanti a 30mila fedeli. «Ogni battezzato», ha detto in quella circostanza, «deve continuamente rompere con quello che c’è ancora in lui dell’uomo vecchio, dell’uomo peccatore, sempre pronto a risvegliarsi al richiamo del demonio – e quanto agisce nel nostro mondo e in questi tempi di conflitti, di odio e di guerra –, per condurlo all’egoismo, a ripiegarsi su sé stesso e alla diffidenza, alla violenza e all’istinto di distruzione, alla vendetta, all’abbandono e allo sfruttamento dei più deboli».