2016, le guerre temute dagli Usa E a sorpresa c'è persino l'Europa

Non solo Siria. Il 2016 si preannuncia un anno durissimo in quanto a guerre, e il Medio Oriente non sarà l’unico focolaio da monitorare e gestire, pur essendo in cima alle priorità dei politici di tutto il mondo. Nel rapporto annuale del Consiglio per le Relazioni estere americano, la Siria e le preoccupanti evoluzioni del suo conflitto sono ancora una volta la prima emergenza, ma anche l’Europa appare per la prima volta nella fascia di massima preoccupazione per l’anno venturo. Il rapporto è arrivato alla sua ottava edizione, usando come metro di analisi l’impatto che le varie situazioni dei contesti di crisi possono avere sugli interessi americani. Il generale Paul Stares, nel presentare il progetto, ha dichiarato: «La nostra indagine mira a evidenziare le possibili aree di instabilità e così aiutare i responsabili politici a prevedere gli imprevisti che potrebbero essere dannosi per gli interessi nazionali».
I livelli di rischio. E così i livelli di priorità da monitorare sono tre: alto, moderato e basso, usati per classificare 30 potenziali conflitti del 2016 presi in esame. Nel primo livello, quello rosso, sono stati inseriti tutti quei Paesi nei quali è altamente probabile che si verifichi una guerra o che se ne intensifichi una già in corso. Il che significa che l’America potrebbe essere minacciata o chiamata in causa a intervenire a difesa di uno Stato per via degli impegni derivanti dai trattati di mutua difesa, o che venga messa a rischio la fornitura di risorse strategiche per Washington.
Livello rosso. Oltre alla Siria, nel primo livello di priorità rientrano anche la situazione del conflitto israelo-palestinese, l’avanzata dell’Isis in tutto il mondo mediorientale e le tensioni tra sciiti e sunniti, soprattutto in Afghanistan e Iraq. Poi c'è spazio anche per l’accrescimento delle tensioni “nucleari” tra Usa e Corea del Nord, oltre ai rischi legati a un attentato terroristico “di massa” sul suolo americano o su quello di un alleato, o ancora a un cyber-attacco condotto contro le infrastrutture difensive americane.
L’Europa nella top ten. Ma la vera sorpresa è l’Europa, con il suo crescente livello di instabilità politica dovuto al massiccio arrivo di migranti. L'interpretazione che però il Consiglio per le Relazioni estere americano dà del problema è più articolata. Secondo Stares, infatti, a rischio è l’intero progetto europeo, la sua integrità e la vitalità del continente in qualità di partner degli Stati Uniti. «La speranza che questo continui a essere un luogo vivace e stabile è stata un po’ scossa non solo dagli attacchi terroristici» ha dichiarato Stares, «ma anche da quei segnali di dissenso tra i Paesi, in particolare nella parte orientale, che sono reticenti ad accogliere i profughi e stanno diventando sempre più conservatori. Un fatto che si vede anche in altre zone dell'Europa occidentale». Questa sensazione di disagio avrebbe soppiantato la preoccupazione dello scorso anno per l’attrito tra la Nato e la Russia.
Gli altri rischi. A un livello più basso di rischio, in ordine, gli esperti hanno posto l’escalation di violenza criminale in Messico, i disordini legati ai talebani che operano in Pakistan, la violenza settaria che ha rialzato la testa in Libano, la “guerra civile” a bassa intensità che si consuma in Ucraina, le crescenti violenze riscontrate in Giordania, la lotta tra Houthi e forze governative in Yemen. Anche la Cina e le tensioni possibili nel Mar Cinese meridionale sono considerate un rischio, anche se non di rilevanza così elevata per gli Usa.
Il livello più basso. Ancora meno preoccupanti per gli interessi degli Stati Uniti sono le violenze di Boko Haram in Nigeria. Così come la situazione della Repubblica Centrafricana, del Sudan del Sud e della Birmania: tutti e tre i Paesi sono attraversati da conflitti etnici. Invece, il crollo dell’economia potrebbe portare alla violenza armata in Venezuela, mentre si sta scaldando la campagna elettorale nella Repubblica Democratica del Congo.