Si chiamava Gisela Mota

Si chiamava Gisela Mota, aveva 33 anni e da 24 ore era il sindaco di Temixco, in Messico. Aveva fatto della lotta al narcotraffico il cuore della sua campagna elettorale. Quattro killer sono entrati nella sua casa e le hanno sparato. Gisela è morta. Ne è nato un conflitto a fuoco con la scorta del sindaco e alcuni uomini del commando sono stati uccisi, altri catturati. Tutto porta a pensare che a compiere l’assalto sia stata la criminalità organizzata locale. Su come siano andate realmente le cose ci sono ancora molti dubbi e le versioni sono contrastanti: c’è chi dice che sia stato ingaggiato un conflitto a fuoco sul posto dell’aggressione e chi invece dice che la sparatoria sia avvenuta quando il commando in fuga si è imbattuto in una pattuglia della polizia.
L’ultima foto su facebook, col nipotino. Comunque sia andata Gisela non ce l’ha fatta ed è morta a poche ore dal suo insediamento. Avrebbe dovuto rimanere in carica per tre anni durante i quali si era ripromessa di dare una svolta di legalità alla sua città. L’ultima foto postata su facebook, piena di felicità, risaliva a qualche ore prima del suo omicidio: teneva in braccio il nipotino Emmanuel «il più bel regalo che Dio potesse fare alla nostra famiglia nell’anno nuovo».
Temixco come Ayotzinapa. Il narcotraffico e la criminalità organizzata dilaniano l’intero stato di Morelos che confina con quello di Guerrero, già tristemente famoso per la vicenda dei 43 studenti spariti e uccisi nel settembre 2014. La capitale Temixco, città di circa 90mila abitanti posta 85 chilometri a sud di Città del Messico, fa registrare il tasso di violenza più alto tra i 32 stati messicani, con 449 omicidi nel solo 2015, 24 in più rispetto all’anno precedente. Qui opera uno dei cartelli più potenti del narcotraffico, quello dei Guerreros Unidos, gli stessi ritenuti responsabili della tragica vicenda dei 43 studenti.



Gisela Mota. ANSA/

Gisela Mota. ANSA/
Impegno di vecchia data. In un Messico dove spesso i sindaci si sono resi complici dei narcotrafficanti, come nel caso di Ayotzinapa, Gisela Mota era una voce fuori dal coro, una donna coraggiosa. «Una impiegata pubblica onesta e impegnata», così il neosindaco era stato definito dal governo dello stato di Morelos, che ha condannato l’attacco «vile e traditore». La donna, già da tempo impegnata politicamente, era membro del gruppo di sinistra del Partito della Rivoluzione Democratica (Prd), vicino all'ex candidato presidenziale Andres Manuel Lopez Obrador. Dopo la sconfitta di Lopez, Gisela Mota è entrata a far parte del gruppo indipendente vicino a Graco Ramirez, vincendo le elezioni. Tra il 2012 e il 2015 è stata deputato federale e ha ricoperto diversi incarichi nel Prd.
«Ripuliamo la città dai narcos». Proprio la sua passione per la cosa pubblica e per il bene dello Stato e del suo Paese, Gisela in campagna elettorale aveva promesso di dare un colpo decisivo alla criminalità organizzata, e la gente l’aveva premiata per il suo coraggio e le sue idee rivoluzionarie eleggendola sindaco. Il suo slogan più famoso era “Ripuliamo la città dai narcos”. Le è costato la vita. L’omicidio di Gisela Mota fa scalpore vista la giovane età della donna e visto il fatto che il suo incarico è durato solo poche ore. Ma la lista dei sindaci che si sono battuti in prima persona contro il narcotraffico e la criminalità organizzata che hanno fatto la stessa fine di Gisela è molto lunga. Il Prd ha diffuso dati secondo i quali sarebbero quasi 100 i sindaci uccisi in Messico nell’ultimo decennio. Quasi tutti sono morti per mano di qualche narcotrafficante. Insieme a loro anche molti politici, amministratori, giornalisti, poliziotti, donne e migliaia di vittime quasi senza nome.
https://youtu.be/YuHIwbuglX0