Le forze dell’ordine francesi, in seguito agli attentati dello scorso 13 novembre a Parigi, hanno naturalmente aperto diversi fascicoli d’indagine al fine di fare piena luce sui tragici avvenimenti di quella sera. Il lavoro compiuto nelle ultime settimane ha finora prodotto un report di 5.330 pagine, realizzato da 850 agenti e contenente tutte le informazioni finora disponibili. Ovviamente, alcune parti dei documenti sono “classificate”, ovvero riservate, ma altre invece sono di più o meno pubblico dominio; Le Figaro è riuscito a darci un occhio, e ha riportato quanto finora è stato scoperto.
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La strage mancata allo stadio. Il quotidiano francese parla anzitutto del tentativo da parte di uno dei kamikaze di entrare allo Stade de France, al fine di compiere l’attentato all’interno dell’impianto. Per ben quattro volte, si legge, ha provato ad accedere alla struttura, e altrettante è stato respinto dai controlli agli ingressi. Non sono chiari i motivi per cui l’entrata allo stadio gli sia stata negata, dal momento che è difficile ritenere che il terrorista si sia presentato senza biglietto. Fatto sta che l’uomo, sul momento, ha dovuto cambiare obiettivo dell’attentato, e ha deciso per lo spazio antistante al Mc Donald’s situato nei pressi dello stadio. Quest’ultimo dettaglio – ossia la scelta di farsi esplodere nonostante l’impossibilità di entrare allo stadio – a ben pensarci è davvero agghiacciante. Intorno allo Stade de France quella sera c’erano anche altri due uomini, che hanno tentato di entrare nell’impianto esattamente come il compagno, anch’essi senza successo ma con molta meno convinzione.
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Gli ostaggi del Bataclan. Si ritiene che uno dei due sia Salah Abdeslam, il super-ricercato considerato una delle principali menti degli attentati di quella sera. Rispetto a quanto avvenuto all’interno del teatro Bataclan, invece, affiorano particolari sempre più tragici: alcuni ostaggi, secondo diverse testimonianze, sarebbero stati utilizzati dagli attentatori come scudi umani agli ingressi del teatro. I terroristi, inoltre, avrebbero addotto l’intervento militare francese in Siria come causa principale della decisione di compiere gli attentati parigini. Per quanto riguarda, infine, il terzo gruppo di assalitori che quella notte ha terrorizzato la capitale francese, ovvero quello che ha sparato all’impazzata all’ingresso di alcuni ristoranti della città, pare che si trattasse di soggetti pienamente addestrati alla guerra, dal momento che le tecniche di assalto e di sparo utilizzate erano di stampo prettamente militare; avrebbero sparato circa 400 colpi in 20 minuti, scendendo e poi risalendo al volo su una Seat nera alla cui guida sembra ci sia stato lo stesso Salah, di ritorno dal giro di perlustrazione compiuto allo Stade de France, di cui detto.
La moglie di uno dei kamikaze: «Fiera di mio marito». Rispetto alle stragi di Parigi, inoltre, il quotidiano francese Le Parisien ha raccolto la testimonianza di Kahina, 18enne moglie di Samy Amimour, uno dei terroristi che il 13 novembre si è fatto esplodere. La donna si è definita estremamente orgogliosa e fiera di quanto compiuto da suo marito, e di averlo incoraggiato, nelle settimane precedenti gli attentati, a recarsi in Francia per punire un nemico «dalle mani tanto sporche di sangue». Ancora più agghiacciante il passaggio in cui la donna dichiara addirittura di invidiare il defunto consorte: «Avrei tanto voluto essere con lui per farmi esplodere anche io». Kahina ha inoltre specificato le ragioni di quanto accaduto: «La vita non è la pace, pace, pace, amore e baci. Tu ci uccidi, noi ti uccidiamo, tu ci combatti, noi ti combattiamo. Finché continuerete a offendere l’Islam e i musulmani sarete potenziali bersagli, non solo i poliziotti e gli ebrei, ma tutti quanti». Secondo la giovane gli attacchi di Parigi troverebbero giustificazione nell’intervento della coalizione internazionale contro i jihadisti dello Stato islamico: «Per il momento, mandano i loro aerei e mentre voi in Francia e altrove vivete bene, qui le persone muoiono. È ingiusto. Presto, se Allah lo vorrà, la Francia saprà cosa vuol dire avere la guerra in casa», afferma Kahina, che infine, come vuole la propaganda Daesh, loda l’agio e il piacere della vita nella terra del Califfato: «Ho un appartamento completamente arredato con cucina, due bagni, servizi igienici, e tre camere da letto, e non pago affitto, o elettricità e acqua. Che bella vita». Kahina e Samy si conobbero nel 2013, lei studentessa e lui autista di un autobus, sul quale avvenne l’incontro. Dopo qualche tempo si trasferirono in Siria, a Raqqa, per sposarsi e per sostenere insieme la causa dello Stato Islamico.