Le ambizioni su una terra ricchissima

Perché la Cina si compra l'Africa

Perché la Cina si compra l'Africa
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La colonizzazione dell'Africa non si può certo dire sia terminata; anzi, pare sia entrata in una nuova fase. Se fino a pochi decenni fa erano i Paesi occidentali a tentare in ogni modo di accaparrarsi una porzione delle grandi ricchezze che l'Africa offre (si tratta del Continente più ricco in assoluto, da un punto di vista di materie prime), da una decina d'anni è la Cina ad essere protagonista di questa nuova forma di colonialismo. Certamente meno traumatico e violento di quello a cui ci hanno abituato i libri di storia, ma dalla sostanza assolutamente identica.

 

 

Soldi e progetti. Da un certo punto di vista, occorre essere onesti, l'ingente quantità di denaro che Pechino ha investito e investirà in maniera sempre più massiccia, in Africa ha portato ha benefici e vantaggi che i popoli di quelle terre non si sarebbero altrimenti potuti permettere. La Cina nell'ultimo decennio ha infatti realizzato 1.046 progetti, fra i quali spiccano le realizzazione di 2.233 chilometri di ferrovie e 3.350 chilometri di strade asfaltate; in Tanzania è nato il porto di Bagamoyo, che mira a diventare il più importante scalo commerciale dell'Africa orientale, e finalmente esiste un collegamento ferroviario fra la stessa Tanzania e lo Zambia, Paesi confinanti ma paradossalmente privi di treni che uniscano le rispettive regioni. Opere e infrastrutture che certamente gioveranno ai Paesi africani coinvolti, grazie ad investimenti che, nonostante il calo del 40 percento del primo semestre del 2015 che sembrava presagire un improvviso disinteresse da parte di Pechino, negli ultimi mesi sono cresciuti di oltre 60 miliardi di dollari.

 

 

Dare per ricevere. Ma dal momento che nel vocabolario della logica di mercato la parola gratuità non è nemmeno contemplata, la Cina gode di diversi trattamenti preferenziali da parte dei Paesi nei quali investe così tanto. Tanto per cominciare per quanto riguarda gli scambi commerciali: la somma di import ed export fra Africa e Pechino tocca quota 220 miliardi di dollari, ovvero il totale degli scambi realizzati da Unione europea e Stati Uniti (137 miliardi Bruxelles, 85 Washington) in Africa. Così come la Cina figura come il principale acquirente del petrolio estratto nei Paesi africani. Una predilezione, quella da parte di questi ultimi nei confronti del Celeste Impero, che non trova giustificazione esclusivamente negli investimenti effettuati da Xi Jinping in Africa, ma anche da alcuni occhi che Pechino chiude nei confronti delle situazioni politiche non esattamente democratiche vigenti in molti Stati africani: Ue e Stati Uniti, infatti, molto spesso pongono come condizione preordinata a qualsiasi accordo commerciale l'approvazione di riforme di stampo democratico nei Paesi coinvolti, cosa che molto spesso non permette, poi, l'effettiva realizzazione di trattative. Aspetti di cui invece la Cina si disinteressa completamente, cogliendo il favore di molti dittatori locali, e facilitando quindi l'instaurarsi di rapporti commerciali. Pechino inoltre offre condizioni di prestito particolarmente vantaggiose, spesso con tassi d'interesse fermi allo 0 percento, ma a condizioni di essere trattati come partner privilegiati nel momento in cui, ad esempio, ci sarà da vendere il petrolio estratto dal ricchissimo sottosuolo africano.

 

 

Le questioni degli aiuti umanitari e dell'integrazione. La Cina, oltre a rapporti economici in senso stretto, si è prodigata inoltre nell'indirizzare in Africa ingenti risorse in termini di aiuti umanitari: 94 miliardi di dollari la quota destinata nel 2015, un'enormità rispetto, ad esempio, ai 6,6 miliardi messi a disposizione dagli Usa. Ma nemmeno in questo caso si tratta di pura liberalità. Pechino, più semplicemente, mira ad ingraziarsi i Paesi africani in tutte le loro componenti, da un punto di vista dunque dei rappresentanti presso le Nazioni Unite, dove le mozioni cinesi trovano sempre maggiori alleati di mese in mese, e delle popolazioni locali. Quest'ultimo è un aspetto molto importante, dal momento che pare che l'integrazione fra lavoratori cinesi trapiantati in Africa (già più di un milione) e cittadini africani sia tutt'altro che semplice, in quanto gli stranieri vengono visti con pessimo occhio dagli autoctoni, che si sentono sempre più defraudati delle loro terre e delle loro risorse. Almeno se ne accorgono.

 

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