Il calciomercato della politica Perché 1 su 4 ha cambiato casacca

È gennaio, e come da tradizione i quotidiani sportivi occupano pagine e pagine dei propri giornali con focus, approfondimenti e notizie più o meno vere circa trattative di calciomercato. Tema e dinamiche che potrebbero benissimo essere applicati anche alla politica, dove però, al contrario del calcio, il mercato è aperto 365 giorni l'anno, senza finestre temporali specifiche. Anche perché, è chiaro, in un Parlamento idilliaco e perfetto quella del cambio di partito dovrebbe trattarsi di un'eventualità più unica che rara. Ma così non è, anzi, in quest'ultima legislatura abbiamo assistito (e ci sono ancora due anni per irrobustire ulteriormente le statistiche) ad una quantità di spostamenti interpartitici come non si era mai vista prima.
[Clicca sull'immagine per vedere l'elenco completo dei Deputati. Fonte: Corriere della Sera]
1 su 4 ha cambiato casacca. Sono ben 226, 121 deputati e 105 senatori, su 945 complessivi i parlamentari che sono stati eletti nel 2013 nelle fila di un certo partito ma che figurano oggi con la divisa di un altro. E a voler essere ulteriormente precisi, ovvero calcolando il totale degli spostamenti dal momento che c'è anche chi si è mosso più volte, i cambi di casacca sono stati in totale 321: il senatore Luigi Compagna, per esempio, eletto con il PdL, ha cambiato partito in questi due anni e mezzo ben 5 volte.
A subire maggiormente questa ondata trasformista è stato il centrodestra, che prima con il PdL e poi con Forza Italia ha perso complessivamente 47 deputati e 54 senatori. Segue Scelta Civica, che dei 66 parlamentari eletti del 2013 ne conta oggi solo 20. Poca fidelizzazione anche per deputati e senatori del M5S, dei quali 18 alla Camera e 18 al Senato hanno già fatto le valigie per trovare spazio in altri gruppi. Più calme le acque nel centrosinistra, dove il Pd ha perso in totale 13 parlamentari, e nella Lega Nord, dove anche qui si sono verificati 13 addii. Da un punto di vista invece del giovamento quantitativo, è il Pd l'unico partito a poter sorridere, dal momento che è il solo gruppo parlamentare ad aver addirittura aumentato i propri membri, dai 400 iniziali ai 412 odierni. Nessun altro può vantare un saldo in positivo.
Rispetto ai flussi, c'è abbastanza omogeneità: chi ha abbandonato il centrodestra lo ha fatto per accasarsi sotto l'egida del Pd e di Renzi, coloro che hanno voltato le spalle al Premier si sono riuniti sotto diverse sigle ma tutte spostate ulteriormente a sinistra, gli ex montiani di Scelta Civica hanno visto, anche loro, nel Pd la sistemazione migliore. Fa eccezione solo il M5S, che ha dato parlamentari un po' a tutti senza però guadagnarne nemmeno uno.
[Clicca sull'immagine per vedere l'elenco completo dei Senatori. Fonte: Corriere della Sera]
Le ragioni di questo via-vai. Sono molte le motivazioni che si possono addurre per spiegare il dilagante trasformismo in atto in questa legislatura. Alcuni hanno deciso di migrare per istinto di sopravvivenza politica: è il caso, per esempio, dei profughi di Scelta Civica, partito che aspetta solo le prossime elezioni per ufficializzare la propria definitiva scomparsa; altri ancora per profondi disaccordi nei confronti della gestione e delle dinamiche del partito, come nel caso della maggior parte dei transfughi grillini. Moltissimi hanno cambiato casacca in seguito a rivoluzioni avvenute all'interno della forza politica di riferimento, come avvenuto con il centrodestra, che nel giro di due anni si è letteralmente sciolto in una miriade di partiti, sigle e correnti da non riuscire più a starci dietro. Oppure, ancora, il continuo evolversi della vita parlamentare di sinistra, iniziata con la sola Sel, e oggi frantumata in Possiamo, Sinistra Italiana e via dicendo, alla ricerca di un'identità e di un progetto ora come ora conclamatamente perduti.
Ma, più in generale, prima di muovere le consuete e immaginabili critiche ai parlamentari che girano Camera e Senato come fossero tabelloni del Monopoli, occorre considerare alcuni elementi, su tutti il fatto che la realtà governativa e parlamentare italiana, dalle elezioni del 2013 ad oggi, ha subito cambiamenti così radicali e improvvisi che è difficile non concedere la possibilità di mettere in discussione la propria appartenenza politica. Allora si andò alle urne con Bersani leader del centrosinistra, un PdL almeno formalmente unito sotto un'unica bandiera, e la mina vagante M5S che ancora non si sapeva quanto e cosa significasse; il banco saltò rovinosamente, e venne il tempo di Enrico Letta, che dopo nemmeno un anno lasciò il passo a Renzi, che stravolse tutto, a cominciare dalla realtà del proprio partito. Nel frattempo è esploso il fenomeno Salvini, è esploso pure il PdL per questioni extraparlamentari, è nato un nuovo partito, Ncd, composto da uomini sulla carta d'opposizione ma che invece appoggiano il Governo, creando una realtà governativa trasversale non da tutti compresa e accettata. Insomma, è successo (e succederà, probabilmente) di tutto e di più: provando ad essere un poco magnanimi, come dar torto a chi non sa più bene da che parte stare?