Il congresso il 30 gennaio

Cosa resta di Forza Italia a Bergamo

Cosa resta di Forza Italia a Bergamo
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Forza Italia è un partito tremendamente in difficoltà, come noto a tutti: manca un progetto politico chiaro e determinato, l'originaria identità moderata e liberale si è persa tra faida interne, scaramucce personali ed inarrestabili emorragie di parlamentari ed elettorato. Una così profonda crisi a livello nazionale non può, chiaramente, non avere ripercussioni anche sul piano locale, dove le singole rappresentanze amministrative, ormai perlopiù di minoranza, si dimenano nell'eterno dilemma fra opposizione a prescindere e accordi, nemmeno troppo velati, tesi alla pura sopravvivenza. Bergamo non fa eccezione: quello che fino a pochi anni fa era, in terra orobica, un partito dal chiaro ruolo maggioritario è oggi una fosca entità politica dal futuro più che mai incerto.

 

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Quel che era Forza Italia a Bergamo. Fino al 2013, anno in cui il banco del PdL è rovinosamente saltato, Forza Italia a Bergamo godeva di ottima salute: una forza politica che toccava i 30 e passa punti percentuali, che aveva la forza di eleggere un primo cittadino, e che soprattutto era in grado di raccogliere sotto il proprio simbolo protagonisti di varia estrazione.

Il partito, infatti, poteva contare su una robusta anima cattolica, elemento imprescindibile per raccogliere i consensi orobici: Marcello Raimondi, Angelo Capelli, Leonio Callioni e Stefano Lorenzi erano gli elementi di maggior spicco di questa frangia forzista, prima che trasmigrassero, fallito il progetto pidiellino, in Ncd. Al loro fianco, i vari Tommaso D'Aloia, Gianfranco Ceci, Enrico Piccinelli, Marco Pagnoncelli e Carlo Saffioti davano respiro alla voce più laica del partito, garantendo la necessaria pluralità interna che consente di avvicinare elettorati differenti. La Bergamo azzurra, inoltre, aveva portato a Roma nella penultima legislatura Giorgio Jannone, Gregorio Fontana e Alessandra Gallone, i primi due alla Camera e la terza al Senato. Per quanto nessuno dei tre, una volta giunti nella capitale, si sia più particolarmente interessato delle vicende cittadine, garantivano sia un forte legame con il direttivo nazionale del partito (Fontana sarebbe diventato coordinatore nazionale in seguito alle controverse vicende in cui si è trovato Scajola), che con Berlusconi stesso, di cui Jannone era uomo fidato. Alle ultime politiche, invece, la Forza Italia orobica riesce ad eleggere due senatori (per quanto entrambi entrati a Palazzo Madama grazie al forfait di due colleghi): Piccinelli, oggi fuggiasco verdiniano, e Pagnoncelli, successivamente ribelle fittiano.

Poi però, nel 2013, il patatrac: l'avvento di Renzi sconquassa gli equilibri politici, nasce Ncd come forza di centrodestra disposta a governare insieme al Pd, e il PdL si frantuma. A Roma come a Bergamo: nella rinata Forza Italia rimangono gli elementi dell'anima laica orobica, mentre Capelli, Callioni e Lorenzi, e in generale la frangia cattolica di cui si è detto confluiscono nel partito di Alfano, incidendo di fatto il proprio epitaffio politico. Ma questi ultimi rappresentavano comunque l'ala azzurra maggioritaria nella Bergamasca - come evidenziato anche dal congresso nel quale Capelli vinse contro Piccinelli e dalle elezioni regionali nelle quali lo stesso Capelli raccolse oltre 7mila preferenze -, e Forza Italia risente pesantemente di queste perdite in termini di elettorato. Mettendo insieme, dunque, questa scissione, il caos dei vertici, e il grande successo di Gori e del Pd, un partito dal 30-32 percento si ritrova, in un paio d'anni, a valere nella migliore delle ipotesi fra i 10 e i 15 punti percentuali, sia in Italia che a Bergamo.

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L'ex sindaco Tentorio con i vertici bergamaschi di Forza Italia

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Alessandro Sorte

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Stefano Benigni

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Mariastella Gelmini

Forza Italia bergamasca, oggi. I risultati delle amministrative del giugno 2014 in città inquadrano bene la situazione: Forza Italia è riuscita a portare in Consiglio comunale solo 4 membri (D'Aloia, capogruppo, Ceci, Gallone e il giovane Stefano Benigni), prendendo complessivamente poco meno di 9mila voti, con circa 3mila preferenze totali di cui 1.835 riscosse dagli eletti. Con una rappresentanza così esigua, il tormentone forzista di questo anno e mezzo è stato il seguente: condividere con la Lega una posizione ostativa a prescindere rispetto all'azione del Pd e di Gori, oppure tentare un qualche tipo di accordo? Quest'ultima eventualità, d'altra parte, è stata testata con buoni risultati in Provincia, dove il Presidente Rossi e Alessandro Sorte (forzista, già in Giunta fino al 2013 prima di divenire assessore regionale con Maroni) hanno dato vita ad una sorta di Patto del Nazareno orobico di stampo programmatico. La domanda posta comunque, per il momento, non ha ancora trovato risposta esaustiva, per quanto già si siano visti alcuni spunti collaborativi con la giunta Gori da parte di alcuni consiglieri azzurri (per esempio sul caso dell'erezione della moschea in città).

Si è accennato ad Alessandro Sorte, rispetto al quale occorre spendere alcune parole. Sorte è stato uomo di Fontana prima e di Mariastella Gelmini poi, e questo giustifica pienamente il suo rapido cursus honorum nonostante, in Bergamo città, non sia particolarmente conosciuto, tanto da aver riscosso la maggior parte delle preferenze alle varie tornate elettorali nelle zone della bassa. Assessore regionale alle Infrastrutture, mobilità e trasporti, è attualmente l'uomo forte di Forza Italia insieme a D'Aloia in città, e molti degli equilibri e degli sviluppi futuri del partito dipenderanno dall'integrazione fra questi due protagonisti fra i quali, finora, non sembra esserci feeling né politico né personale. Da un punto di vista del radicamento territoriale, la situazione è grigia: non esiste più una sede provinciale, ce n'è una cittadina ma dalle dimensioni fondamentalmente irrilevanti (conta non più di 230 iscritti). Fino a poco tempo fa le riunioni di partito erano addirittura cessate, ora sembrano aver ritrovato timida vitalità grazie a Benigni, vicino a Sorte ma forse anche a D’Aloia, però ancora troppo giovane per potersi caricare sulle spalle la responsabilità di una svolta. Il partito, intanto, ha deciso la data del congresso provinciale nella bergamasca e l'appuntamento è fissato per sabato 30 gennaio al Palace Hotel di Zingonia. Candidato alla carica di coordinatore è Paolo Franco, con Gianfranco Ceci presidente.

Quale futuro? Appare piuttosto chiaro, dunque, come la realtà caotica e francamente priva di futuro di Forza Italia a livello nazionale sia perfettamente riflessa anche a Bergamo. Stante il tentativo di rimanere a galla durante questo mandato di Gori, la domanda è cosa accadrà nel momento in cui ci sarà da organizzare la forze in maniera organica, ovvero quando nel 2019 si tornerà alle urne comunali. I dubbi che Forza Italia, fra 3 anni, esista ancora sono forti, e l'impressione che i diverbi interni e la mancanza di una linea identitaria e programmatica chiara possano far affondare il partito anche prima di quel momento è ben più che una semplice chimera. Si parla di future unioni con i giovani centristi dell'Udc, al fine di creare una forza alternativa al centrosinistra ma al di fuori delle beghe che caratterizzano l'attuale centrodestra.

Alcuni elementi, D'Aloia su tutti, godono peraltro di una stima piuttosto trasversale in città (sono stati moltissimi i voti disgiunti alle ultime amministrative, con croce al Pd ma preferenza proprio a D'Aloia), e questo potrebbe far pensare che un affrancamento da Forza Italia, o da quel che ne rimarrà, da parte di alcuni, potrebbe anche portare alla nascita di una realtà politica che possa davvero competere per PalaFrizzoni. Tutte ipotesi, comunque, che lasciano trasparire un unico concetto: l'agonia di Forza Italia è solo all'inizio.

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