Metà del caviale mangiato in Russia viene allevato in quel di Brescia
Si dice “caviale” e ci si immagina la Russia, il Mar Caspio, certe colazioni descritte nei romanzi di Tolstoj, in cui le piccole uova vengono raccolte con un cucchiaino di madreperla, tenuto tra pollice e indice e poi portato alla bocca, con delicatezza. Invece si scopre che il 13 percento della produzione mondiale del costoso alimento proviene nientemeno che da Brescia, precisamente da Calvisano, una cittadina di ottomila abitanti piantata nella Pianura Padana. Altro che mare e oceano. L’azienda è la Agroittica Lombarda, il suo marchio più famoso è il Calvisius, ma non ha sempre allevato storioni.
La storia, tra scambi di idee e intuizioni brillanti. L’Agroittica è stata fondata dal signor Giovanni Tolettini, che in realtà era il proprietario di un’acciaieria. Negli anni Settanta aveva cominciato a costruire un nuovo impianto a Calvisano e fu così che si accorse di una falda acquifera a pochi metri di profondità. Tolettini si consultò con Gino Ravagnan, esperto di itticoltura e oggi presidente onorario di Agroittica, il quale gli consigliò di usare l’acqua per raffreddare quella riscaldata negli altoforni – non inquinata dall’acciaio – e, contemporaneamente, di creare vasche in cui allevare i pesci. In questo modo, Tolettini avrebbe tagliato i costi di produzione e, con l’aggiunta delle vasche, ci avrebbe pure guadagnato.
La neonata Agroittica iniziò con l’occuparsi di anguille, ma nel 1981 Ravagnan incontrò Serge Doroshov, un biologo russo scappato dall’Unione Sovietica e rifugiatosi in California. Doroshov fece a Ravagnan una proposta interessante: affiancare l’allevamento delle anguille, sempre meno redditizio, con quello degli storioni. La carne di questi pesci è particolarmente pregiata, la si può affumicare e a Calvisano si è bravi con l’affumicatura. Questi, suppergiù, i pensieri di Ravagnan, che dunque strinse la mano di Doroshov, in segno di accordo. I primi storioni bianchi giunsero a Calvisano dal Pacifico. «All’epoca non c’erano le conoscenze sull’estrazione del caviale che abbiamo ora», ha raccontato a un giornalista del Post Lelio Mondella, da tre anni direttore generale dell’azienda. «L’idea era: i pesci maschi ci danno certamente una buona carne, dalle femmine forse potremmo ricavare un buon caviale. Se ci sbagliamo, almeno avremo la carne».
I sei tipi di caviale prodotti dal gruppo Agroittica. Renzo Zanin, il “Caviar Master” di Calvisius, gestisce la produzione del caviale e ricorda che la prima partita di caviale fu realizzata nel 1992. Nacque così il marchio Calvisius, il caviale ottenuto dallo storione bianco. Oltre a questo prodotto storico, la Agroittica Group ne produce altri sei tipi. Calvisius si occupa del Tradition, del Beluga e del Siberian, mentre la Ars Italica Calvisius, nel Parco del Ticino, lavora sull’Oscietra, il Sevruga e il Da Vinci, ricavato dallo storione dell’Adriatico che fino al 1972 era presente nelle acque del Po. Il nome, “Da Vinci”, si deve a una storia che ha per protagonista proprio l’illustre artista toscano. Si dice infatti che nel 1491 Leonardo vide uno storione nel Ticino, a Pavia, e ne regalò le uova a Beatrice d’Este nel giorno del matrimonio con Ludovico il Moro, all’interno di uno scrigno incastonato di gemme preziose. Il costo del caviale è altissimo ed è giustificato dal tempo necessario per ottenerlo. Si pensi che una confezione di Calvisius Tradition da 30 grammi vale 83 euro.
Fotografati e ben programmati. L’azienda ha cominciato a scattare fotografie di ogni singolo lotto di caviale e di ogni singolo pesce dal 2012. Zanin spiega che la carta utilizzata per le immagini è millimetrata, in modo da poter rilevare la grandezza delle uova e quindi la qualità del caviale: «Una volta un cliente si lamentò dicendo che le uova erano troppo piccole. Ma io avevo la registrazione fotografica del lotto e gli ho mostrato che le uova erano bellissime». I processi produttivi devono essere calcolati con grande anticipo, dato il tempo richiesto per produrre il caviale, e ovviamente questo comporta dei rischi. Nei prossimi anni l’azienda non aumenterà molto il volume dei lotti, anche perché l’ultima produzione è stata particolarmente proficua. Si è verificata una crescita massiccia della domanda di caviale d’allevamento, dato che quello selvatico sta diventando sempre più raro. Gli storioni del Mar Caspio, ad esempio, sono quasi scomparsi.
Un mercato in espansione. I Paesi che sono tradizionali consumatori di caviale hanno cominciato ad allevare gli storioni solo in tempi recenti, costretti a ciò dalla penuria di pesci selvatici. Tale circostanza ha favorito i Paesi che, invece, sono abituati ad allevarli, come l’Italia e come, nello specifico, l’azienda bresciana, esperta in materia di lavorazione e di qualità del prodotto. Il mercato si è ampliato enormemente, soprattutto da quando la Russia non è più in grado di soddisfare la richiesta interna. Dal 2013 Calvisius ha così avuto l’autorizzazione di esportare il suo caviale in quella che è considerata la patria, del caviale: «Esportiamo circa tre tonnellate all’anno, che vendiamo in latte che portano il nostro codice identificativo ma che vengono poi marchiate dall’azienda importatrice russa», spiega Mondella. Il caviale di Brescia in Russia rappresenta circa il 50 percento del mercato. Ora l’azienda sta pensando di espandere ulteriormente il suo giro d’affari, creando una linea di prodotti economicamente più abbordabili, venduti in scatolette da 10 grammi da 16 euro ciascuna. Vi capitasse di comprare del Calvisius, sappiate perciò che proviene da terra bresciana e dall’ingegno imprenditoriale di qualche generazione d’uomini.