Sul battibecco Sarri-Mancini
Il battibecco tra Mancini e Sarri è ormai sulla bocca di tutti. I fatti sono ben noti, anche perché resi pubblici da chi lamenta le offese subite mentre i media ci stanno andando a nozze per il semplice motivo che è impossibile che ciò non avvenga. Come al solito gli schieramenti sono divisi per fazioni e nella fattispecie il pubblico che quanto a questioni di tifo non ha da imparare da nessuno parteggia con foga per l'uno o l'altro dei due tecnici.
C'è chi sostiene che Mancini sia stato troppo esagerato nel prendersela e soprattutto nello sbandierare ai quattro venti quel che è avvenuto nello "spazio sacro" del campo, c'è invece chi punta il dito contro il presunto comportamento omofobo di Sarri. Fermo restando che nessuno, dico nessuno, fino adesso si è sognato di invocare il principio sacrosanto e un tempo assai diffuso chiamato buona educazione.
Questo atteggiamento, largamente condiviso e rafforzato dal buonsenso di anacronistica memoria, valeva molto ma molto di più delle formulette sociali che si richiamano al "fair play" o al politicamente corretto. La buona educazione era insegnata a scuola e in famiglia e non si rifaceva a nessuna indicazione da opuscolo formato cassetta delle lettere in cui si danno indicazioni a fumetti su come doversi comportare perfino in bagno. Quella norma comportamentale nasceva spontanea e si respirava come l'aria, si mangiava con i maccheroni e non esisteva persona per quanto culturalmente poco attrezzata che non si attenesse. Giorni fa una signorina strepitante in treno nel corso di una conversazione al cellulare mi ha definito maleducato perché mi sono permesso di invitarla ad abbassare il tono della voce. Il mondo sta andando così alla rovescia che i valori si sono offuscati, e su questo siamo pressoché tutti d'accordo.
Qualcuno ha evidenziato che Sarri ha sbottato usando termini in uso comune nel vernacolo toscano dove imprecazioni e insulti privi di "dolus malus" abbondano. Io credo che il mister del Napoli avrebbe dovuto rivolgersi in toni più educati nei riguardi di Mancini, perché alla sua età e per il ruolo che ricopre non può permettersi di comportarsi come un personaggio da Bar Lume.
Sarri è stato quindi un gran maleducato, ma da qui a parlare di omofobia a mio giudizio ce ne corre. È come se dessi del cretino a qualcuno scuotendo la sensibilità di tutti i minus habens della terra, di tutti quelli che magari soffrono patologicamente di un deficit intellettivo. In poche parole buttare la questione sul sociale tingendola di fosche intenzioni mi sembra una strumentalizzazione tipica di questo mondo che in assenza di una cultura autentica si affida a formule precotte che hanno il sapore finto del surgelato tirato dal freezer all'occorrenza.
In modo pavloviano ormai quando accadono cose che ormai rappresentano il corredo buono del sociale di moda si inizia la caccia all'untore aizzando climi piazzaioli appassionati di forme di giustizia sommaria. In sostanza Mancini ha ragione perché è stato offeso, Sarri torto per l'evidente ragione che la toscanità non può servire affatto da alibi, anche perché con tanta esperienza anche in fieri uno sforzo verso la sprovincializzazione non sarebbe sgradito. Cercare un'attenuante al comportamento del tecnico toscano rimanda alla sbalorditiva sentenza di sei anni fa in cui un tale era stato assolto per reati di violenza carnale in quanto "è nota la natura passionale dei sardi ed esistono perciò attenuanti etniche e culturali".
Ripeto: nessun attacco ai gay, questo è lampante, non riesco proprio a vederlo. Solo una reazione diretta tra due persone forse un po' troppo nervose in quei momenti che ha dilagato oltre l'ellissi protetta dello stadio. Un tempo tutto sarebbe finito con una scazzottata e dopo magari con una bella bevuta. Oggi le cose sono radicalmente cambiate e l'occhio del Grande Fratello esige la sua parte e se la prende.