Libia, Renzi fa il temporeggiatore Ma Francia e Usa son già in azione
Non c’è giorno che passi senza che un intervento armato in Libia si faccia sempre più concreto all’orizzonte, con nuovi fattori in campo che avvicinano l’inizio della guerra nel nord Africa e, al tempo stesso, la permanenza di alcuni principi cardine che invece rallentano le operazioni. Gli Usa spingono per intervenire (uomini dell’esercito statunitense sarebbero nel Paese già da dicembre), mentre l’Europa rimane netta sulla sua posizione: nessuna azione prima che si sia formato un governo di unità.
Le parole di Bolduc. Ciò che è certo, comunque, è il valore che avrà l’Italia in questa missione, avvalorato pure ieri dall’intervista che il generale americano in Africa Donald Bolduc ha rilasciato al Wall Street Journal. Roma infatti è già da tempo, dice, il centro di coordinamento delle forze alleate, da cui Stati Uniti, Inghilterra e Francia stanno preparando una nuova missione nel Paese, dopo quella nel 2011. «La nostra valutazione, semplicemente guardando attraverso la lente delle forze speciali, è che i nostri partner hanno bisogno dei nostri consigli e della nostra assistenza. Hanno bisogno del nostro addestramento e di un certo numero di equipaggiamento per avere successo».
La risposta di Renzi. Dall’altra parte, però, c’è il premier Renzi, che ieri al Tg1 ha sottolineato come l’Italia non intenda tirarsi indietro, «ma la priorità è formare un governo in Libia. Abbiamo rapporto molto solidi con gli Usa, sono i nostri principali alleati, e con loro condividiamo il giudizio che prima di una missione vadano fatti tutti i tentativi per formare un governo. Abbiamo visto cosa è accaduto quando i francesi e gli inglesi sono intervenuti senza un quadro di governo stabile», ha aggiunto, ricordando appunto quanto accaduto nel 2011 con Gheddafi. Gli fa eco il Ministro degli Esteri Gentiloni: «La situazione è abbastanza chiara e le ultime affermazioni del segretario alla Difesa americano Ash Carter sono chiare. L'azione è urgente ma l'illusione di interventi senza prospettive di medio e lungo periodo l'abbiamo già coltivata. Dobbiamo quindi evitare gli errori del passato e le fughe in avanti».
Interventi mirati e segreti. Non resta quindi che aspettare le novità che arrivano da Tobruk, coi negoziati in corso tra i due schieramenti. Questo sebbene la Russia ammonisca che lo Stato Islamico potrebbe presto ricorrere all’uso di armi chimiche nel Paese, dove si stima ci siano ancora 700 tonnellate di agenti chimici dell’Opac. Così non è neanche da escludere che si facciano più frequenti interventi non annunciati e, per certi aspetti, segreti, come quelli già condotti da Francia e Stati Uniti nelle scorse settimane, che richiederebbero un supporto logistico maggiore da parte dell’Italia. Il più noto è il bombardamento condotto dagli Usa contro un centro d’addestramento dell’Isis a Sabratha, che ha portato alla morte di decine di militanti dello Stato Islamico. L’intelligence Usa, pare, avesse scoperto che proprio da lì si stava organizzando un’azione terroristica contro la Tunisia, da qualche settimana divisa dalla Libia grazie ad un lungo muro. Ma una settimana fa Le Monde aveva svelato anche che forze speciali francesi erano già entrate nel Paese, per compiere raid mirati contro il Califfato. Gli uomini sarebbero stati inviati nella base militare di Benina, sotto il controllo del governo di Tobruk.