Libia, cosa si sa degli italiani morti «Usati dall'Isis come scudi umani»
Fausto Piano e Salvatore Failla sarebbero stati uccisi in Libia. Si tratterebbe di due dei quattro dipendenti della ditta di costruzioni Bonatti, di Parma, che erano stati rapiti a luglio 2015. La tv Al Jazeera, all’epoca, aveva detto che le milizie del Califfato erano responsabili del rapimento, anche se nessuna rivendicazione è mai realmente arrivata in tutti questi mesi di sequestro. Insieme a Piano e Failla erano stati rapiti anche Gino Pollicardo e Filippo Calcagno. Nessuna notizia relativa alla sorte dei rapiti è mai stata diffusa, almeno fino a questa mattina quando il Ministero degli Esteri ha emesso un comunicato che parla della loro probabile morte, anche se finora non è stato possibile verificare e ufficializzare la notizia dell’uccisione.
[Fausto Piano]
Fausto Piano. Originario di Capoterra in provincia di Cagliari, Fausto Piano aveva 61 anni ed era padre di due figli grandi. Di professione era un tecnico, faceva il supervisor e da molti anni lavorava all’estero come trasfertista. Quando è stato rapito, era da pochi giorni tornato a Tripoli dopo una vacanza a Djerba in Tunisia e a Cala Gonone, in Sardegna. Salvatore Failla, invece, era un 47enne di origini siciliane, in provincia di Siracusa. Padre di due ragazze di 22 e 12 anni, era in Libia da tre anni e faceva il saldatore specializzato.
Il comunicato della Farnesina. Sul sito della Farnesina il comunicato diffuso è stato abbastanza chiaro fin da subito, nell'evidente incertezza della notizia: «Relativamente alla diffusione di alcune immagini di vittime di sparatoria nella regione di Sabratha in Libia, apparentemente riconducibili a occidentali, la Farnesina informa che da tali immagini e tuttora in assenza della disponibilità dei corpi, potrebbe trattarsi di due dei quattro italiani, dipendenti della società di costruzioni "Bonatti", rapiti nel luglio 2015 e precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla. Al riguardo la Farnesina ha già informato i familiari. Sono in corso verifiche rese difficili, come detto, dalla non disponibilità dei corpi».
[Salvatore Failla]
Scudi umani dall’Isis. Un comunicato lapidario che lascia poco spazio alle speranza. Soprattutto se si aggiunge quanto riferisce l’Ansa citando un testimone libico, rientrato a Tunisi da Sabratha: i due ostaggi italiani «sono stati usati come scudi umani» dai jihadisti dell'Isis, e sarebbero morti «negli scontri» con le milizie di ieri a sud della città, nei pressi di Surman. Negli ultimi giorni si erano intensificati i combattimenti nella zona, dove sorge l’impianto di estrazione idrocarburi di Melitah. In particolare, dallo scorso martedì gli scontri sono diventati ogni giorno più crudi, poiché alcuni membri dell’Isis hanno preso per breve tempo il controllo del centro della città e hanno decapitato oltre 10 membri di brigate rivali. Le versioni sulla morte dei due ostaggi, tuttavia, sono ancora confuse. Secondo alcune fonti potrebbero essere morti negli scontri fra jihadisti e forze libiche avvenuti ieri sera nella zona sud della città di Sabratha, secondo altre, invece, sarebbero stati uccisi dai jihadisti che li tenevano in ostaggio.
La Bonatti. La ditta per cui Piano e Failla lavoravano è la Bonatti di Parma, un’azienda specializzata nei grandi impianti di estrazione oil&gas. In gergo si dice sia un “general contractor”. Nata nel 1946 all'ingegnere Saul Bonatti, oggi conta oltre 6mila dipendenti e offre in tutto il mondo servizi di ingegneria, costruzione, gestione e manutenzione di impianti per l'industria dell'energia. Con quasi 2 miliardi di ordini e un fatturato da 600 milioni di euro, la Bonatti opera in totale in 16 nazioni: Algeria, Arabia, Saudita, Iraq, Egitto, Kazakhistan, Turkmenistan, Canada, Italia, Austria, Francia, Germania, Romania, Spagna, Messico, Mozambico e Libia, con cui il rapporto è iniziato nel 1979. Punto di forza della Bonatti è il radicamento nei territori in cui opera e nella capacità di create collaborazioni con i soggetti locali. In Libia l’azienda ha oltre mille dipendenti, e una ventina di progetti in diverse zone tra centro e nord del Paese, operando per conto di gruppi quali Mellitah Oil & Gas, Total e Wintershall. Alcuni progetti sono localizzati anche in Cirenaica, a pochi chilometri da Bengasi, una zona dove la sicurezza è messa a rischio dalla presenza di estremisti salafiti, che agiscono anche in contiguità con Al Qaeda. Proprio nel corso dei suoi 36 anni di presenza in Libia l’azienda si è trovata più volte alle prese con il problema dell’incolumità del suo personale, tanto che una scorta armata ai dipendenti era garantita dalle forze di sicurezza libiche.
L’analisi degli esperti. Il sito formiche.net, prima che venisse resa nota la notizia dell’uccisione dei due italiani, aveva pubblicato un’analisi sui modi in cui l’Isis minaccia gli interessi italiani in Libia. Parlando dell’offensiva che il sedicente Stato islamico sta conducendo nel Paese nord africano, il sito afferma che «la maggior parte degli attacchi ha l’obiettivo di minare l’infrastruttura petrolifera libica e, in questo modo, colpire sia la principale fonte di ricchezza del Paese sia gli interessi nazionali italiani». Analizzando i fatti che sono successi nell’ultimo periodo si nota che da mesi i centri maggiormente presi di mira dallo Stato Islamico sono quelli dove c’è anche la presenza di forze speciali italiane che dovrebbero proteggere le infrastrutture.