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“Il veleno dopo lo sparo”, quando la caccia uccide due volte

Una mostra al Museo di Scienze Naturali di Bergamo per raccontare i danni da avvelenamento da piombo sulla fauna del nostro Paese

“Il veleno dopo lo sparo”, quando la caccia uccide due volte
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Ogni anno, nella sola Unione Europea, almeno un milione di uccelli acquatici, la maggior parte dei quali anatre, oche e cigni muore a causa del piombo disperso nell’ambiente. Muoiono, non per gli effetti diretti della caccia, ossia perché vengono abbattuti dagli spari dei cacciatori, ma per effetti indiretti: muoiono, cioè, per avvelenamento da piombo, intossicati dal metallo contenuto nelle cartucce esplose dai fucili dei cacciatori, ingerito insieme al nutrimento presente sul fondo di stagni e laghetti.

Non solo. Ogni qualvolta un cacciatore spara a un capriolo, lasciando i visceri sul terreno, il rischio che questi contengano schegge di proiettili di piombo è molto elevato raggiungendo il 75% dei casi. Questo rappresenta una minaccia costante e spesso mortale per quei rapaci attirati da una facile fonte di cibo.

Non c’è dunque da stupirsi se i dati raccolti da Ersaf-Direzione Parco Nazionale dello Stelvio e dalla Provincia di Sondrio dimostrano che il 60% dei grandi rapaci trovati morti in Italia negli ultimi 15 anni presentano valori di piombo indicativi di intossicazione. Se pensiamo che in Italia, ogni anno, si abbattono col piombo diversi milioni di individui di uccelli e mammiferi, il fenomeno appare di una portata incredibilmente vasta.

E infine: sulla nostra tavola, talvolta ci finisce anche la cacciagione e la tossicità delle carni contaminate, può essere trasmessa anche all’uomo, che immette piombo, seppure in quantità moderate, nel proprio organismo con tutti i rischi che questo comporta alla salute delle persone.

E proprio questo è il tema della mostra “Il veleno dopo lo sparo” che il Museo di Scienze Naturali di Bergamo propone in una delle sue sale di Piazza Cittadella dal 24 giugno al 15 ottobre, in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura.

«La mostra mette in risalto le risultanze di studi ambientali che testimoniano l’effetto deleterio dell’uso di piombo a scopi venatori e come questa pratica comporti, seppur inconsapevolmente, conseguenze drammatiche per le specie di rapaci più rare e minacciate anche di estinzione (come gli avvoltoi) per le quali sono in atto progetti internazionali di tutela - spiega il direttore del Museo Marco Valle -. È una mostra contro la caccia? No. Il tema è quello del danno da piombo, le soluzioni tecniche per abolire questo metallo così nocivo all’ambiente ci sono, alcuni Stati si sono già adeguati (penso ad esempio alla Danimarca, che da tempo ha eliminato il piombo dalle munizioni sia per gli uccelli sia per gli ungulati) e speriamo che questo avvenga al più presto anche in Italia».

La mostra – che occupa una delle sale del Museo Caffi, nel cuore di Bergamo Alta - si compone di un percorso didascalico che spiega gli effetti tossici del piombo usato nella caccia; una quindicina di pannelli rendono conto delle principali ricerche effettuate in Italia e in Europa e completano le vetrine che il Museo ha realizzato per mostrare e raccontare gli effetti che il metallo provoca su alcune specie, come il gipeto, l’aquila reale, il grifone e altre ancora. Una selezione di reperti documentali raccolti in natura e filmati mostrano, infine, in maniera inequivocabile gli effetti dell’intossicazione.

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