Riflessione

Dall'euforia all'incubo: oggi è un mese senza poter vedere l'Atalanta dal vivo

Dall'euforia all'incubo: oggi è un mese senza poter vedere l'Atalanta dal vivo
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di Fabio Gennari

Un mese fa camminavamo a un metro da terra. Tutti quanti. La notte di Atalanta-Valencia 4-1 era appena passata, già si ragionava e si fantasticava sulla supersfida di ritorno allo stadio Mestalla e nessuno poteva minimamente immaginare il dramma che ci stava per stritolare. Qualche contabile del contagio parla proprio di Atalanta-Valencia come della "partita zero" della maxi diffusione del virus, la genesi della "Bergamo come Wuhan". Come se questo cambiasse qualcosa. I giorni sono pesanti, le emozioni tutte negative e l'isolamento domiciliare che il buonsenso suggerisce è davvero duro da gestire. Soprattutto con bimbi e lavoro da conciliare.

Torniamo a noi, a me che vi racconto l'Atalanta ogni giorno su queste pagine. A Lecce (1 marzo) non ci sono andato perché i campanelli d'allarme erano già suonati da tempo e ho voluto evitare rischi nonostante voli prenotati e una voglia matta di vedere la Dea dal vivo. Pensavo a Valencia, ma le cose sono precipitate. Quanto è pesato questo mese passato senza Dea "dal vivo"? Sarò sincero, pensavo molto peggio. E questa è la perfetta dimensione di quanto sia grave quello che sta accadendo. Sentire poco la mancanza del campo per uno che ogni giorno, più volte al giorno, lavora e porta avanti contatti con un sacco di componenti del mondo Atalanta è significativo. Significa che c'è qualcosa di più grande che ruba spazio nei pensieri. Un nemico infame che non ci ha permesso di godere fino in fondo di qualcosa di storico, che sta ammazzando la nostra gente e non accenna a volersene andare.

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