Il guerriero chiama alla lotta Raimondi: non è ancora finita

Il guerriero chiama alla lotta Raimondi: non è ancora finita
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Gol, assist e spettacolo spesso li regalano altri compagni. Contro il Bologna hanno segnato Gomez e Diamanti, il Diavolo è stato regolato dalle prodezze di Pinilla e dello stesso numero 10 argentino. Adesso che la classifica è tornata a sorridere, con due vittorie nelle ultime due giornate, abbiamo chiesto a Cristian Raimondi se la paura è ormai alle spalle. Amato dai tifosi e guerriero sempre pronto a dare una mano ai compagni, l’esterno numero 77 di Sedrina ha parlato della lunga striscia negativa e delle ultime gioie. Ha confermato che il mister non è mai stato da solo e che i tifosi, ultras in testa, sono stati importantissimi per la spinta che hanno saputo dare nelle partite interne con Bologna e Milan.

Raimondi, guardiamo la classifica: a 36 punti si può dire che la Serie A è in cassaforte?

«No, non è finito nulla. La salvezza sarà centrata solo quando lo dirà la matematica: non è una frase fatta, non è retorica e non sono parole che butto lì per dare una risposta scontata. Nel calcio ne ho viste tante e ho imparato che fino a quel momento in cui c’è la certezza che le squadre dietro non possono più prenderti bisogna giocare e prepararsi al meglio. Per ottenere il massimo. Abbiamo ancora gare difficili, penso alla Roma e al Napoli ma anche a tutte le altre avversarie».

Però le ultime due vittorie hanno fatto ritorrnare il sereno...

«Certamente aver battuto il Bologna e il Milan ci consente di vivere questo finale di campionato con una bella boccata d’ossigeno presa a pieni polmoni, penso che tra Palermo e Chievo potrebbe esserci la chiusura del cerchio. Avremo lo sconto diretto in Sicilia e saremmo a tre gare dalla fine, facendo due conti con il vantaggio di oggi direi che ci siamo, ma io ho un altro obiettivo. Sono sincero e ci tengo a dirlo».

Prego, dica pure...

«Vorrei arrivare all’ultima giornata di campionato, in casa del Genoa, e vedere l’Atalanta che scende in campo per arrivare più in alto possibile. Fino alla fine. La salvezza è il primo obiettivo però per quello che abbiamo fatto vedere nella prima parte della stagione e per come tutto è stato condizionato dalla striscia di 14 gare senza vittorie, mi piacerebbe davvero provare a fare più punti possibili. Credo che la classifica di oggi ci lasci buone possibilità di chiudere in un'ottima posizione di classifica: arrivare decimi, undicesimi o quindicesimi non è la stessa cosa».

Come giudica la stagione? È un campionato positivo o si poteva fare meglio?

«Se non avessimo avuto quel periodo nero magari oggi staremmo a parlare di quei 4-5 punti in più che avrebbero già chiuso senza tanti problemi il discorso salvezza. E quindi il nostro campionato sarebbe stato ancora più positivo, potevamo essere al posto del Sassuolo. Chi può saperlo. Mancano 7 partite, siamo messi bene anche se ancora va fatta un po’ di strada: giochiamoci la partita di Torino senza mollare nulla. Per tutto il gruppo sarebbe una bella soddisfazione e credo che ce lo meritiamo».

Quanto ha inciso, nelle ultime due giornate, il fatto di aver giocato in casa?

«Tantissimo. E sono contento di rispondere alle vostre domande perché una cosa ci tengo a dirla. Se abbiamo vinto queste due partite, soprattutto la prima contro il Bologna che era zeppa di insidie e di pericoli perché eravamo quasi obbligati a vincere ma c’era anche la possibilità di non farcela, dobbiamo dire un grazie davvero grande ai nostri tifosi. E in particolar modo ai nostri tifosi più caldi, quegli ultras che spesso vengono messi un po’ alla gogna e che invece hanno saputo dare un segno di grande maturità. Non c’è stata nessuna contestazione, ma ci hanno fatto arrivare parole belle e importanti».

Approfondiamo...

«Prima della gara con il Bologna, la situazione era decisamente critica perché dopo la sconfitta di Roma i tre punti erano davvero di vitale importanza. L’ambiente era demoralizzato, da qualche parte si vociferava che i tifosi sarebbero venuti a Zingonia per strigliarci e invece non è successo nulla di tutto questo. Ci hanno fatto arrivare messaggi che arrivavano davvero dal cuore. Io li conosco, sono tifoso come loro. Abbiamo colto la loro delusione e la loro tristezza per il momento difficile, ma nello stesso tempo volevano assicurarci che erano con noi e che non ci avrebbero fatto mancare il sostegno. Per noi è stato importante, ci siamo trovati nella partita dell’anno con la Curva a trascinare il tifo e tutto lo stadio a incitarci. Dopo il Bologna è ricapitato anche con il Milan e credo che sia stato importantissimo: atmosfera infernale per gli altri e di grande carica per noi».

Insomma, una doppia gioia. Avete avuto davvero paura?

«Ci sono stati diversi momenti difficili. Abbiamo avuto un calo eividente: a Verona con il Chievo e a Udine abbiamo perso due gare diverse ma arrivavamo da risultati importanti. Poi in casa con il Genoa s’è perso e non si doveva e man mano che passavano le partite senza vittorie aumentava la preoccupazione. Il periodo del mercato un po’ a creato disturbo, certe partite che si potevano vincere come a Frosinone, a Genova e in casa contro l’Inter hanno fiaccato un po’ le nostre certezze. Certo, arrivati a quota 10 un po’ di pensieri sono venuti, anche perché il nostro non è un gruppo di ragazzi che dopo l’allenamento staccano: nelle ultime settimane un po’ d’ansia era venuta. Cercavamo il risultato, il calcio non è logico, ma non puoi far altro che continuare a lavorare per migliorare».

Reja è sembrato ad un passo dall’addio. Però la squadra non lo ha mollato: possiamo dire che non è mai stato da solo?

«Assolutamente sì, il mister non è mai stato da solo. Faccio una premessa: 14 partite con soli 6 punti, ovunque, credo che avrebbero portato a un cambio in panchina. All’Atalanta non è successo. In secondo luogo, con una striscia così negativa se non hai un gruppo più che serio e forte iniziano a innescarsi tante dinamiche che rischiano di minare dall’interno le certezze acquisite. Il mister ha sempre avuto il nostro appoggio: all’Atalanta non esiste di giocare contro al tecnico. Con i ragazzi che ci sono qui, che conoscono questo ambiente e questa maglia, nessuno giocherà contro al mister perché vorrebbe dire farlo contro l’Atalanta. E questa cosa non esiste, la squadra lo ha dimostrato sul campo, ma credo che nessuno di quelli che conoscono davvero la nostra realtà può avere dubbi in questo senso».

Chiudiamo con il futuro, il suo contratto scade a fine giugno...

«Sono a Bergamo da 6 anni, tengo tantissimo a questa maglia e mi sento di poter ancora dare il mio contributo. In campo e nello spogliatoio. Con la società ne parleremo, i rapporti sono ottimi sia con la proprietà che con l’ambiente e dopo aver rotto il crociato l’anno scorso ho dimostrato di poter fare ancora qualcosa di utile. Magari un gol potrebbe aiutarmi? Ecco, quello è diventato un cruccio. Qualche gol l’ho sempre segnato, non mi spiego come mai con l’Atalanta sia arrivata solo la marcatura contro il Palermo di qualche anno fa. Sicuramente fare solo 15 presenze giocando in zone del campo diverse non agevola, ma voglio riprovarci. E ci riproverò, capitasse di giocare tutta la gara o solo 20 minuti.

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