Intervistare Robin Gosens è davvero un bello spasso

Intervistare Robin Gosens è davvero un bello spasso
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Intervistare Robin Gosens è uno spasso. Le domande banali lo mettono in difficoltà perché lui, tedesco di Hemmerich nato il 5 luglio 1994, non è un tipo banale. La sua storia dimostra che nel calcio, come nella vita, c’è il giusto tempo in cui fare tutto. Adesso si parla spesso delle sue prestazioni e del suo futuro, ma il primo contratto da professionista lo ha firmato appena sei anni fa con il Vitesse e basta approfondire un attimo per scoprire che la sua fortuna è stata proprio arrivare tardi nel mondo del calcio.

 

 

Prima si è divertito, ora è ligio al lavoro. «Credo che se fossi entrato presto in qualche settore giovanile – confessa – mi sarei stufato di regole e schemi da seguire. Io non sono così, quando ero più giovane mi sono divertito e ho giocato sempre a calcio con gli amici prendendo tutto il tempo che mi serviva. Dal giorno in cui ho firmato il primo contratto da professionista la mia vita è cambiata: ho sempre sognato di fare il calciatore ma in quel momento, avevo 19 anni, ho capito che potevo davvero farcela». Starlo ad ascoltare è un piacere, le parole non sono mai casuali e anche quando si scivola sul mercato offre una risposta che lascia quasi a bocca aperta per quanto è semplice e incisiva. «Io a Bergamo sto benissimo, è casa mia. Una cosa a cui non penso è il mercato. Chiaramente, se arrivasse una proposta pazzesca ci si ragiona e tutti sanno che il mio sogno è, un giorno, di giocare in Bundesliga. Però ogni cosa va ponderata bene, se arriva una squadra che mette molti soldi a gennaio per un giocatore, il rischio che non sia una buona scelta accettare è molto alto. In estate c’è più tempo per decidere e quindi si fanno le cose con maggiore calma. Io comunque penso all’Atalanta, abbiamo tante partite importanti da giocare».

 

 

Campionato, gol e la voglia di crescere. Domenica arriva il Milan, è una sfida delicata e con una vittoria si farebbe un passo avanti molto importante. «Siamo appena a metà campionato, non credo che un successo contro il Milan sia decisivo per loro ma è chiaro che mandarli a meno dieci significherebbe molto. Prima del match dico che è uno scontro diretto. Personalmente penso solo a fare del mio meglio, mi sento più sicuro ogni partita e credo che anche la squadra si fidi molto di più di me: prima andavo in profondità quindici volte e non me la passavano mai, adesso magari mi cercano in 10-12 occasioni». Appena il discorso torna sulla sfera personale, ecco un’altra risposta da stretta di mano. «Ho già segnato cinque gol tra campionato e Coppa, un giusto bottino per quello che ho fatto. Non mi voglio fermare, devo migliorare sempre perché mi sento più forte di prima, ma nello stesso tempo capisco che posso crescere ancora. Non mi pongo minimamente il problema di arrivare a battere il record di otto gol di Conti: non penso al successo personale e a fare qualcosa per me ma solo al bene della squadra. Cercherò sempre di fare gol per i compagni e per vincere: questo è quello che conta».

 

 

La Champions: tra campo e psicologia. Il gol che ha suggellato la qualificazione in Champions League sul campo di Kharkiv porta la sua firma, Gosens è finito pure nella top 11 della Uefa e la soddisfazione, quando l’argomento toccato è quello, si legge subito sul suo volto. «Per me è una grandissima soddisfazione. In Germania ne parlano molto, improvvisamente si sono accorti tutti di me e anche in chiave Nazionale il mio nome circola parecchio. Certo, adesso aspetto anche che il tecnico Lowe inizi a seguirmi, mi piacerebbe andare al prossimo europeo,  ma per farlo forse devo arrivare alla semifinale di Champions segnando pure dieci gol». A proposito di Champions, il colpo di coda del tranquillo numero 8 tedesco è da artista della parola. «Il Valencia è una bella squadra, mi ricordo quello stadio visto che ci abbiamo giocato un paio di anni fa in un torneo estivo e spero che l’Atalanta possa arrivare al meglio al doppio incontro degli ottavi. Io ci credo, ci credo davvero: dico che abbiamo il 50 per cento di possibilità di passare. Le stesse del Valencia. In Champions io mi carico un sacco e in campionato punto ad andare più forte. Non penso che sia logico un rilassamento, anzi ti esalti e per un po’ te la porti dietro».

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