Quell'amaro in bocca dev'essere motivo di vanto: uscire con il Real Madrid può starci
Testa alta e subito con grande voglia sul campionato. Se si storce il naso per un'eliminazione con il Real Madrid significa che la strada è giusta
di Fabio Gennari
Nella freddissima serata di Madrid, l'Atalanta ha abbandonato la Champions League perdendo per 3-1 contro il Real e può darsi delle colpe. Quando perdi, in generale, c'è grande merito dell'avversario e tu sbagli qualcosa, il problema è che se i due piatti della bilancia pendono dalla seconda parte allora hai poco da recriminare: c'è dispiacere perché il Blancos non hanno fatto troppo e nemmeno l'Atalanta ha fatto troppo poco. Nello sviluppo della gara pesano tantissimo gli errori. Di troppi giocatori.
Quelli di Sportiello e Ilicic sono stati evidenti, ma anche Zapata non può tirarsi fuori dalla contesa: quei due palloni al bacio serviti da Malinovskyi meritavano miglior fortuna. Perché se fai il gol del 2-1 al 67' poi magari cambia tutto. Allo stesso tempo, se Gosens non fallisce quella palla di destro dopo appena due minuti può davvero succedere di tutto. Intendiamoci, nessuna croce addosso ai protagonisti, ma la differenza è tutta lì.
Per competere a questi livelli serve qualcosa che viene richiesto solo in Europa durante le partite. In Italia i margini di errore e di rientro da situazioni negative sono molto più ampi. Contro il Real Madrid, magari non scintillante come in passato ma comunque sempre di altissimo livello, ogni pezzo del puzzle è determinante e dopo una serie di sbagli è chiaro che tutto diventa (purtroppo) molto più difficile.
Lasciare la competizione agli ottavi di finale con il rimpianto di non essere riusciti a mettere in campo il massimo del proprio potenziale è qualcosa di importante di valutare. Perché se tu fai il massimo e gli altri ti schiantano con tre gol e un palo allora bisogna rassegnarsi a un gap ancora da colmare. Se invece la sconfitta arriva perché gli altri sono bravi ma tu gliela apparecchi senza nemmeno farli troppo faticare (vedasi il gol dell'1-0), allora tutto diventa fastidioso e migliorabile.
Oggi la Dea vale le prime sedici squadre d'Europa, l'anno scorso le prime otto. In campionato l'andazzo è simile agli altri anni, ma c'è ancora tanto da fare. E allora dentro a capofitto per cercare la terza storica qualificazione consecutiva al torneo d'elité del calcio continentale. Il risultato si può centrare, sarebbe come vincere lo scudetto.