Sono stati di parola. Bergamo e i bergamaschi ne avevano un gran bisogno

di Xavier Jacobelli
Il mondo è cambiato, ma l’Atalanta non cambia mai e dedica a Bergamo e ai bergamaschi la prima, schiacciante vittoria della ripartenza. Come un ciclone, la Dea ha travolto il Sassuolo, mandando un messaggio forte e chiaro alla Lazio, attesa mercoledì a Bergamo per la rivincita della finale di Coppa Italia 2019 e alla Roma, quinta e ora a -6.
Non c’è clausura, non c’è preparazione distanziata che tenga: Gollini, Zapata, Gomez brillano in un gruppo che gioca a memoria e procede spedito verso la forma Champions; la macchina da gol è oliata come se non si fosse mai fermata, lo spirito della squadra è rimasto quello del poker al Valencia. E non c’era Ilicic, autore dei quattro gol agli spagnoli, tenuto precauzionalmente a riposo contro il Sassuolo per una leggera distorsione alla caviglia. Anche Gasperini è già in condizione, incapace com'è di vivere la partita con distacco, tanto la soffre con la passione che gli è propria e tanto detesta il Var.
L’allenatore non meritava per nulla l’espulsione, avendo semplicemente detto al quarto uomo, dopo l’ennesimo intervento variologico: “Ma lasciatelo arbitrare!". Evidentemente il quarto uomo è stato più ligio al Var che a Chiffi: affari loro.
In 26 partite di campionato, l’Atalanta ha segnato 74 gol (nei 91 anni del campionato di Serie A a girone unico, soltanto cinque squadre hanno fatto meglio). Il record nerazzurro di marcature era stato stabilito due anni fa con 77 reti: pleonastico affermare che presto verrà spazzato via. La prova contro il Sassuolo è stata maiuscola, in considerazione dei 103 giorni trascorsi da Valencia; di tutto ciò che la sosta forzata ha comportato sotto il profilo atletico per una squadra che in marzo andava a cento all’ora e ha avuto la forza di ripartire pigiando subito di nuovo sull'acceleratore.
Rinascerò, rinascerai, hanno cantato Roby Facchinetti e Stefano D’Orazio prima del calcio d’inizio. È il nuovo inno dell’Atalanta, di Bergamo, dei bergamaschi. «Vogliamo donare loro un sorriso», avevano promesso i Percassi, Gasperini e i giocatori, consapevoli che nessuno mai dimenticherà i lutti e il dolore seminati dal maledetto Covid, ma che ripartire si deve.
Sono stati di parola. Bergamo e i bergamaschi ne avevano un gran bisogno.