Il caso

A Martinengo la moschea "mascherata" alle Maschere. E se fosse la soluzione?

Dopo lo sfratto dall'appartamento di via Ambrogio da Martinengo

A Martinengo la moschea "mascherata" alle Maschere. E se fosse la soluzione?
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Il Centro culturale islamico ha avviato i lavori nell’appartamento acquistato nel complesso delle «Maschere». Ufficialmente il luogo servirà ad ospitare degli uffici: «Guai a chiamarla moschea, non è così!» ammonisce fin da subito il primo cittadino leghista Mario Seghezzi. Ma il quadro sembra decisamente più complesso di quanto possa sembrare. E anzi, proprio questa strana «moschea mascherata» alle Maschere potrebbe essere un piccolo capolavoro amministrativo del sindaco leghista. Che con una sola non-decisione, potrebbe prendere due piccioni con una fava. Ma andiamo con ordine.

Lo sfratto da via Ambrogio da Martinengo

I lavori sono partiti da circa una settimana e procedono speditamente. Il «Centro culturale di assistenza musulmana» (così recita il cartello di cantiere alla voce «committenza») cercava una nuova «casa», dopo che il gruppo è stato sfrattato dall’immobile di via Ambrogio da Martinengo dove erano soliti ritrovarsi a pregare. Proprio lì, anni fa, era nata una controversia tra Comune e fedeli islamici. Quest’ultimi infatti avevano l’abitudine di trovarsi all’interno del Centro culturale, uno spazio regolarmente occupato tramite affitto concesso da un privato, per pregare. Nulla di male, ovviamente, se non che spesso la quantità di fedeli che si ammassavano nei pochi metri quadrati degli uffici diventava un problema serio per il resto del condominio e del quartiere.

Alla fine era intervenuto il Comune e i fedeli islamici hanno dovuto lasciare via Ambrogio da Martinengo, e nella Bassa orientale si è riaperta la questione della mancanza di spazi utili alla preghiera islamica. Ed è così che si è arrivati allo stabile di via Maschere, acquistato all’asta fallimentare del tribunale di Bergamo, per 170mila euro, a maggio del 2020, dall’associazione culturale. Dopo due anni di pandemia nei quali la situazione era stata di fatto «congelata», in questi giorni è partito il cantiere.

Diventerà una moschea?

E se quel luogo si tramutasse in un vero e proprio luogo di culto islamico? Questo il timore che circola in città, ma sulla vicenda sembra che la stessa Amministrazione comunale leghista abbia un posizione ben più complessa, anche se lo stesso sindaco preferisce non avvallare espressamente la tesi del trasloco «della moschea».

"La gente si ostina a chiamare quel luogo moschea, ma non è così, né lo sarà – ha spiegato – Come Comune, però, noi abbiamo concesso l’autorizzazione per la ristrutturazione di un luogo a destinazione direzionale. E tale deve rimanere. Al Comune non sono state mandate altre richieste, quindi non vedo il motivo di pensare che si tratti di una moschea".

Difficile tuttavia immaginare che a un'associazione culturale possano davvero servire tanti spazi per computer e scrivanie, e che di colpo le attività legate al culto - finora portate avanti tra mille disagi non solo dei vicini di casa, ma anche degli stessi fedeli - s'interrompano per trasferirsi chissà dove.

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