Il caso

Acquedotto di Treviglio, la Sovrintendenza dice no alla demolizione. Che però è già iniziata

I lavori sono bloccati dallo scorso aprile e il Comune si è rivolto al presidente della Repubblica

Acquedotto di Treviglio, la Sovrintendenza dice no alla demolizione. Che però è già iniziata
Pubblicato:
Aggiornato:

L'ex acquedotto non andava demolito, ma ormai lo è per oltre metà, come racconta PrimaTreviglio. Capolavori della burocrazia italiana, che non si smentisce mai. Come accaduto a Treviglio per il manufatto che sorgeva a ridosso del posteggio Turro.

Risale agli anni Trenta del secolo scorso, l'acquedotto, e da diversi anni era ormai in disuso e in stato di degrado. Lo stesso Giornale di Treviglio aveva denunciato qualche anno fa la preoccupazione dei residenti della zona per i continui calcinacci che cadevano dall'alto. L'area venne messa in sicurezza, ma quella torre scrostata ormai inutile era chiaro che avrebbe dovuto essere demolita. Tanto più che il sistema di approvvigionamento di acqua avviene oggi con sistemi più efficienti e moderni.

Motivo per cui Cogeide, la società che gestisce l'acquedotto e l'area sottostante (di proprietà del Comune), nel 2021 aveva deciso di abbatterlo. Venne quindi convocata una conferenza dei servizi, alla quale vennero invitati anche i referenti della Sovrintendenza. Questi ultimi, però, non si sono presentati. E così, sulla base del principio del silenzio-assenso, venne dato il via ai lavori di demolizione con lo stanziamento di 200 mila euro. Il cantiere venne avviato un anno fa, nel febbraio del 2022, e per alcuni mesi andarono avanti senza intoppi. Finché la Sovrintendenza si accorse di quanto stava accadendo e ad aprile decise di imporre lo stop ai lavori, giunti nel frattempo a circa metà.

Il ricorso

Una vicenda che è emersa mercoledì mattina quando la Giunta comunale, proprietaria dell'acquedotto e dell'area dove Cogeide avrebbe voluto realizzare un deposito, ha deliberato il ricorso al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il motivo? Essendo scaduti i termini per rivolgersi al Tar, è l'unica strada per sbloccare l'assurdo stallo. Già perché al momento è rimasto un "moncherino" di circa venti metri, obiettivamente anche brutto da vedere. Il rischio è che Treviglio, qualora perdesse il ricorso, dovrà mantenere in piedi un manufatto in calcestruzzo mezzo malandato, di cui nessuno riesce a trovarci un valore storico.

Seguici sui nostri canali